No, non è (ancora) un fallimento. Il Milan aveva come obiettivo primario il 4º posto a fine stagione ed un’eliminazione in semifinale di Coppa Italia, seppur dolorosa visto la concreta possibilità di alzare un trofeo a maggio, non può anticipare un giudizio stagionale previsto esattamente per il mese prossimo.
La sconfitta interna con la Lazio, tuttavia, compromette – almeno mediaticamente – il cammino di Rino Gattuso sulla panchina del Milan. Lo avevamo scritto settimana scorsa: il destino del tecnico sembra segnato già da qualche settimana, a prescindere dal ticket Champions. Ieri, forse, una delle peggiori performance stagionali, unito al fatale ko, ha però posto un’ulteriore e definitiva conferma di quello che sarà un addio estivo.
Di base, però, il problema non è solamente Gattuso. Che di schemi di gioco ne ha variati tanti – forse troppi – cercando di trovare una quadra che, in termini di manovra e costruzione offensiva, mai è stata brillante. Occorre, dunque, imputare colpe anche ad una squadra sopravvalutata da un ambiente che addossa unicamente le responsabilità ad un mister non perfetto, si, ma che non deve nemmeno finire con l’essere capro espiatorio.
Fare i nomi dei singoli, chiaramente, sarebbe ingeneroso ma le zone di campo in cui questa squadra proprio non riesce a fare il salto di qualità sono ben note. Le fasce laterali, sia in proiezione offensiva che difensiva, quasi mai son risultate determinanti quest’anno. Così come le caratteristiche del centrocampo, scarno anche a livello quantitativo, sono votate unicamente alla distruzione del gioco avversario.
Rifondare a giugno non è forse necessario: questa squadra dispone comunque di individualità importanti. Donnarumma-Romagnoli-Bakayoko-Piatek sono una spina dorsale importante, in cui vanno inserite pedine di spessore e, in determinati casi, esperienza.
This post was last modified on 25 Aprile 2019 - 21:49