Hakan Calhanoglu è sicuramente uno dei casi più controversi e misteriosi della stagione del Milan fino a questo momento. Pochi assist, un solo gol in campionato ed uno in Europa League contro i lussemburghesi del Dudelange e tantissime prestazioni in colore, soprattutto nella prima parte di stagione. Il numero dieci rossonero non sta vivendo di certo una delle sue stagioni migliori, anzi troppo spesso viene, a ragione, messo sul banco degli imputati per la poca qualità che il Milan riesce ad offrire durante le partite. E, se l’anno scorso cominciò malissimo ma da gennaio in poi fu uno dei valori aggiunti del Diavolo, in questa stagione, salvo alcune partite, non è mai riuscito ad imprimere il cambio di passo decisivo, costante e continuo tra una partita e l’altra. In Nazionale invece il buon Hakan si trasforma. Dopo aver già deciso con un suo gol la gara di Nations League del 10 settembre scorso della sua Turchia in Svezia, ieri ha realizzato un magnifico gol in casa dell’Albania che ha fissato il punteggio sullo 0-2, risultato poi finale del match. Una rete da cineteca con un destro a giro che si è infilato sul secondo palo dopo un’azione personale strepitosa partita addirittura da centrocampo e continuata fino a limite dell’area palla al piede.
Nella stagione di Calhanoglu, quindi, i gol in Nazionale sono stati esattamente quanti quelli segnati in rossonero, ma con un numero di partite a disposizione decisamente inferiore. Qual è quindi il motivo della differenza tra il suo rendimento in Nazionale e quello nel Milan? Presupponendo che non ci sia una differenza di impegno e di motivazioni da parte del turco che sembra un professionista serio ed esemplare, l’unica chiave di lettura che sento di dare è quella relativa alla differenza di posizione in campo che Calha occupa con la sua Turchia. Ieri, ma anche in tantissime altre occasioni, ha giocato da dieci puro, da trequartista dietro alle due punte, ruolo che nella maggior parte dei casi ha ricoperto anche in Germania sia all’Amburgo che nel Bayer Leverkusen. Un ruolo che sicuramente gli impone meno vincoli tattici, non lo costringe a correre per tutta la fascia di competenza e non gli impone tutti i compiti di copertura che Gattuso gli chiede al Milan. Fatto non di poco conto perché, è vero che il turco svolge diligentemente ed anche in maniera efficace, sacrificandosi molto, i suoi compiti difensivi e di copertura, ma è altrettanto innegabile che questo lavoro massacrante gli toglie la possibilità di essere più lucido in zona offensiva, dove spesso gli mancano energia, fiato e lucidità per essere letale e decisivo.
La domanda allora sorge spontanea. Perché non provarlo anche una sola volta da dieci puro anche nel Milan? Da quando è in rossonero, infatti, Calhanoglu è sempre stato impiegato da esterno offensivo nel 4-3-3 o nel 4-4-2 o addirittura da mezzala. Mai una volta, invece, ha giocato da trequartista, ruolo in cui riesce a dare il meglio di sé. Un problema di cui si è molto discusso in questi ultimi giorni e che riguarda anche l’altro possibile “dieci” del Milan, Lucas Paquetà. Entrambi, infatti, risultano essere i più sacrificati dal 4-3-3 gattusiano e troppo spesso vedono il loro talento imprigionato in schemi e compiti tattici. Da Milanello, nelle ultime ore, sembra stia trapelando la possibilità di vedere un Milan diverso contro la Sampdoria, gara che si giocherà alla ripresa del Campionato. Non sappiamo se alla fine Gattuso opterà davvero per una soluzione, un modulo ed una disposizione tattica diversa, ma siamo sicuri che un esperimento che veda il turco più accentrato e più vicino alla porta senza troppi compiti massacranti in fase difensiva, gioverebbe certamente sia a lui che alla squadra.