La partita contro l’Empoli era la prima di un mini-ciclo di gare sulla carta abbordabili nelle quali i rossoneri avevano l’obbligo di conquistare il punteggio pieno per mantenere il quarto posto prima del derby. Ecco il nodo è proprio questo: “obbligo”.
Per la prima volta il Milan di Gattuso è “obbligato” a vincere. Prima non lo era. Ha vissuto tre quarti di stagione da outsider. Ora, dopo il successo di Bergamo, ha assunto il ruolo di “favorita” per entrare in Champions. Si tratta di un ruolo “scomodo”, che solo chi ha la mentalità da grande squadra riesce a gestire. Ecco, al di là del settimo gol di Piatek (7 gol su 9 tiri per una media impressionante), dell’exploit di Castilllejo, del ritrovato Conti e del monumentale Bakayoko, la vittoria contro l’Empoli è importante proprio per questo, perché è una vittoria “da grande squadra”. Dopo un primo tempo grigio, il Milan ha deciso che doveva vincere la partita e lo ha fatto in cinque minuti. Dopodichè non ha rischiato nulla con una linea difensiva pressochè impenetrabile. E’ proprio questa sicurezza e questo atteggiamento “da grande” che fa ben sperare in chiave quarto posto, il vero unico e grande obiettivo della stagione, quello che tecnicamente ed economicamente può finalmente invertire la tendenza della recente storia del club.
Intanto sono stato felice di constatare personalmente che una piccola grande inversione si è registrata a San Siro. Dopo molto tempo sono tornato allo stadio e ho ritrovato l’atmosfera di tanti anni fa. La gente entusiasta, che salta, che canta, che riempie San Siro. Una folla così per Milan-Empoli non si vedeva da anni. Mi sembrava di essere tornato indietro negli anni ’90 quando, bambino e adolescente, andavo in curva con gli amici. Persino i cori della Sud sono gli stessi, li hanno rispolverati e riadattati. La sensazione è stata stupenda, chi è milanista sa che ci sono stagioni in cui si vive quella magia delle grandi vittorie. Ecco, l’altra sera a San Siro, ho ritrovato la magia tutta rossonera di quelle notti indimenticabili. Quelle degli anni giusti. Speriamo che l’intuito non tradisca.
Se i tifosi del Milan sono tornati ad entusiasmarsi in questo modo il merito è sicuramente dei risultati della squadra, ma non solo di quelli. La nuova società ha creato uno spirito di corpo innanzitutto fuori dal campo. L’unione di Leonardo, Maldini e Gattuso si è trasferita nello spogliatoio. Tutte le scelte, giuste (molte) e sbagliate (poche) che fossero, sono state prese con l’obiettivo di fare il bene del Milan, non di appagare il proprio ego. Leonardo e Maldini non hanno avuto bisogno di farsi fare dalla Curva due gigantografie stile “ventennio” con scritto “i migliori acquisti della stagione”. Hanno parlato e stanno parlando con i fatti. Hanno creato un gruppo, hanno protetto e guidato Gattuso. Ed è grazie a questa unità di intenti che la squadra fa lo stesso.
Negli anni passati era difficile per i vari allenatori convincere la squadra che doveva essere unita quando i giocatori vedevano, capivano e vivevano i profondi contrasti interni. Mi riferisco soprattutto al periodo della “guerra” Galliani-Barbara: persino il bravo Allegri doveva fare i salti mortali per convincere i giocatori a fare gruppo quando loro stessi vedevano che in società si facevano la guerra. Invece adesso il Milan sta tornando ad essere un blocco granitico, tutti per uno e uno per tutti. Proprio come ai tempi delle grandi vittorie.
Leonardo e Maldini hanno cominciato la loro avventura in fretta e furia, in mezzo alla diffidenza generale e con un’eredità tecnica, gestionale ed economica a dir poco disastrosa. Non si sono fatti scrivere articoli, elogi, peana. Non hanno cercato sponsor o trombettieri a tutti i costi. Hanno lavorato, uniti e sempre per il bene del Milan. Perché loro al Milan ci tengono davvero. E sanno come si fa. All’esordio in campionato non c’era l’entusiasmo dell’anno precedente, anzi. Ma adesso, nella fase clou della stagione, l’entusiasmo c’è, eccome. Mentre anni fa di questi tempi chi era al comando pensava già a come fare per ottenere un’ottima buonuscita. E del futuro del Milan poco gli importava. Come dimostrano i contenziosi ancora in corso che riguardano l’ex ad Fassone. Venerdì sera, probabilmente, lui era a casa a ipotizzare quanti soldi poteva ancora ottenere dalla sua fugace ma proficua (per le sue tasche) avventura rossonera. I veri milanisti invece erano allo stadio o davanti alla tv, con la speranza di poter tornare a sognare.
Come ho sempre detto, gran parte dei tifosi si è lasciata prendere in giro, ma adesso ha capito che è tornato il vero Milan. Nessun problema, può capitare di comprendere in ritardo le dinamiche delle cose più grandi di noi. Io stesso, faccio ammenda, e nove anni dopo mi scuso con Leonardo. Quel 16 maggio 2010 pensavo che fosse lui il traditore. Mi sbagliavo di grosso. Lui, prima di tutti, aveva capito che stava per abbattersi un cataclisma sul futuro del Milan. Quando ha capito che non poteva evitarlo, ha scelto di non farne parte. Esattamente come due anni fa Maldini ha scelto di non far parte del Milan di Fassone. Non a caso, adesso Leo e Paolo sono tornati. E si vede. Con loro è tornato il vecchio Milan. Mi sa che sabato tornerò a San Siro…