In autunno per qualche settimana, Fabregas e Ibrahimovic hanno rappresentato più che una suggestione. Per l’estate si era parlato anche di Godin e Ramsey a parametro zero. Profili molto diversi da quelli che oggi invece sono arrivati, concretamente, e hanno rivoltato come un calzino prestazioni e di conseguenza anche risultati.
I valori assoluti di Fabregas, Ibra, Godin e Ramsey non si possono discutere. Si può invece pensare di incastonarli in un sistema o in un altro. Questo Diavolo ha dimostrato ormai in modo evidente che in rossonero oggi, per paradosso, è più facile esaltarsi se si è giovani di belle speranze anziché campioni affermati che dovrebbero sporcarsi le mani per riportare il Milan in alto. Higuain e Bonucci per ragioni diverse rafforzano questo concetto.
Ecco allora che Paquetà, ventunenne che ha finito una stagione in Sud America e in pratica senza sosta ne affronta una seconda metà, stravolge per dinamismo e tecnica un intero reparto. Peraltro il più lacunoso storicamente per i nostri colori da un lustro abbondante. E Piatek con rabbia e cinismo si prende la scena, centrando il bersaglio un tiro si e l’altro pure.
In questi scenari, le luci della ribalta le può prendersele perfino un Castillejo. Un’alternativa, non certo un titolare di un top team, brilla più di un big come Suso. In questo meccanismo non c’è nulla di casuale. Ciò che conta di più è che la dirigenza ha intuito questa tendenza e la sta cavalcando. La strada è ancora lunga ma sembra davvero quella giusta.