Il vero vincitore della notte araba di Supercoppa è Rino Gattuso. L’allenatore rossonero ha superato un doppio esame contro la Juventus. Primo: ha tenuto testa alla squadra nettamente più forte d’Italia e l’ha tatticamente imbrigliata tenendo in bilico la coppa fino all’ultimo minuto nonostante la doppia inferiorità numerica (12 contro 10). Secondo: non ha sollevato nessuna polemica per l’arbitraggio di Banti, gesto di grande signorilità e lucidità. Forse perché Rino sa che di fronte a episodi come questo non si può fare nulla. Bisogna solo accettare. A malincuore. Di casi come questo, cioè di scelte-chiave pro Juve nelle partite decisive è piena la storia del calcio italiano. E Gattuso lo sa bene. Così come sa bene che le cose non cambieranno fino a che non ci sarà qualcuno in grado di contrastare la totale egemonia dei bianconeri sul nostro calcio, fuori dal campo prima ancora che sul campo. L’egemonia si esprime ovunque e in ogni momento.
L’incomprensibilità dell’errore di Banti non sta nemmeno nel rigore netto negato all’88esimo minuto, ma nella deliberata scelta di rifiutare il VAR in un episodio determinante per l’assegnazione della Coppa. Chi pensava che il mezzo tv eliminasse tutte le polemiche è rimasto deluso: la Supercoppa lo certifica una volta per tutte. Il VAR è stato introdotto proprio per evitare casi clamorosi come il gol di Muntari o come il rigore negato a Conti. Ma se l’arbitro non lo consulta, è come non averlo. Ma più del rigore negato, l’improprio utilizzo del VAR si dimostra quando in occasione dei gol di Matuidi, Ronaldo e Dybala il guardalinee applica alla lettera le direttive AIA, cioè lascia proseguire l’azione e poi lascia che sia il varista a stabilire se ci sia o meno il fuorigioco. Invece nel caso di Cutrone viene impedito l’utilizzo del VAR con una sbandierata preventiva su una posizione dubbia. Posizione che, il caso ha voluto, fosse regolare.
Di tutta questa roba però Gattuso e il Milan non parlano, non si lamentano, almeno non ufficialmente. Al di là della sportiva accettazione del risultato, il vero motivo lo aveva spiegato Nedved nell’immediato pre-partita. “Di Higuain parliamo domani con il Milan”. I rossoneri si aspettavano e si aspettano di pagare poco o niente il “noleggio” semestrale dell’argentino. E dunque Leonardo e company non hanno nessun interesse ad irritare la Juve polemizzando sull’arbitraggio di Banti. Anzi. Purtroppo anche questo è un esercizio indiretto del potere smisurato e incontrastabile della Vecchia Signora. Un potere che annulla il VAR in campo e congela la proteste fuori. Ormai è anche inutile incazzarsi.
Ora Gattuso deve essere bravo a superare il terzo esame e convertire la rabbia di Jeddah in energie positive per la rincorsa al quarto posto, unico vero obiettivo stagionale. Per raggiungerlo in estate era stato preso Higuain. Vederlo partire a gennaio è una sconfitta per tutti, non solo per l’argentino. Anzi è una sconfitta soprattutto per il Milan che non è stato in grado di valorizzare e sfruttare al meglio l’unico fuoriclasse acquistato negli ultimi 7 anni. Se, come sembra, partirà, il problema non ce l’ha la Juve che incasserà quello che voleva, non ce l’ha il Chelsea di Sarri che ritrova il suo attaccante, non ce l’ha Higuain che continua a prendere un sacco di soldi e va a giocare in una delle squadre più forti del mondo, nel campionato più ricco del mondo. Il problema ce l’ha il Milan che si ritrova privo del centravanti sul quale aveva impostato la sua stagione. Fino a che non ci sarà l’ufficialità continuo a sperare che rimanga. Non per lui, ma per il bene del Milan e il nostro obiettivo Champions. Nel caso in cui partisse, l’alternativa unica sembra essere Piatek, pagato 5 milioni sei mesi fa e valutato otto volte tanto oggi, non proprio un affare. Ma soprattutto, che garanzie dà questo giovanotto di belle speranze? Quanto è probabile che ripeta nel girone di ritorno i 13 gol dell’andata? Tra lui e Higuain chi è più facile che ci trascini in Champions? Confesso che su Piatek ho non poche perplessità. Di certo la partenza di Higuain avrebbe assunto tutto un altro valore nel caso in cui fosse arrivato Ibra, come era previsto. Ma qui è stato Gazidis a metterci del suo. Intanto Leonardo, alle prese con un mercato davvero complicato, sta proseguendo l’ardua opera di riparazione delle scellerate scelte compiute dal tandem Fassone-Mirabelli. Da questo punto di vista condivido appieno la cessione di Calhanoglu al Lipsia. Paquetà, dopo solo due partite, ha già dimostrato di avere un passo adatto al nostro campionato, a differenza del turco.