La “grana” Fassone vale quanto un (quasi) top player

C’è sempre un’altra partita ancora aperta in casa Milan. E non è sui prati verdi degli stadi italiani. Bensì, nelle aule del Tribunale del Lavoro di Milano. Si tratta della causa in corso tra la società rossonera e l’ex amministratore delegato Marco Fassone. L’accordo tra le parti sembra ancora lontano, al punto che il procedimento rischia di protrarsi ancora a lungo nel merito.

Si parte da una distanza molto ampia: da una parte il Milan con la proposta, già formulata la scorsa estate, pari a 2,5 milioni di euro a titolo transativo, dall’altra l’ex manager che chiede almeno cinque volte tanto. Già nel ricorso presentato al giudice del lavoro, Luigi Pazienza, Fassone ha lamentato la “ritorsività” del

licenziamento, spiegando che il 21 luglio scorso la società gli fece un’offerta di transazione di 2,5 milioni di euro per andarsene e, dal momento in cui lui rifiutò quella proposta, venne licenziato. Davanti al giudice pende la richiesta dell’ex ad di dichiarare la “nullità” del licenziamento che, se accolta, comporterebbe il reintegro di Fassone da dirigente nella società. Insomma, una situazione ingarbugliata e che rischia di comportare un esborso importante, pari all’acquisto di un giocatore di livello.

Ma quanto vale la chiusura del rapporto con Fassone? Secondo qualche “maligno”, l’ex amministratore delegato è depositario di tutta la verità sul passaggio di proprietà nelle mani di Yonghong Li, nonché degli affari del misterioso imprenditore cinese. Motivo per cui – sempre secondo le teorie dietrologhe – la posta in gioca per chiudere ogni pretesa sarebbe particolarmente alta. Se il Milan non cederà, il rischio concreto di ritrovarsi ancora Fassone nell’organico è più che realistico, con conseguenze a dir poco imbarazzanti per tutto l’ambiente e, soprattutto, per le casse di Elliott.

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