Ironia della sorte: il destino di Gonzalo Higuain passa ancora una volta da Massimiliano Allegri e da quella Juve che tanto l’ha coccolato per due anni quanto poi l’ha accantonato con l’arrivo di Cristiano Ronaldo. La finale di domani sera a Gedda è un crocevia che fornirà indicazioni sul futuro del Pipita, con la testa probabilmente già lontano dall’Italia, ma con le gambe sempre “pimpanti”. Certo, concludere la sua breve esperienza in rossonero con un trionfo, magari condito da una rete decisiva contro la sua ex squadra, sarebbe il coronamento di sei mesi durante i quali un rapporto d’amore con l’ambiente non è mai cominciato. Viceversa, una vittoria in Supercoppa rappresenterebbe l’anno zero di un nuovo percorso che comunque dovrà portare alla qualificazione in Champions League, che tutti ormai hanno capito essere la condizione per proseguire nel rapporto con tanto di riscatto del prestito dalla Juventus.
Di certo, domani Higuain incrocerà nuovamente Allegri. L’allenatore toscano è uno che ha conosciuto bene i pregi e i difetti dell’argentino. Non a caso la sensazione – la scorsa estate – prima ancora che arrivasse CR7, era che il rapporto tra la Juve e il Pipita fosse giunto al capolinea. Allegri non ama gli alti e i bassi. Tantomeno rincorrere i suoi giocatori per motivarli continuamente e, ancor di più, coccolarli per farli rendere. Il carattere di Higuain si è spesso scontrato con le logiche della Juve. Sembra che pure Andrea Agnelli, nei periodi di scarso rendimento dell’attaccante, abbia provato con scarsi risultati a cambiare un atteggiamento che assume spesso i contorni tipici dello stereotipo sudamericano.
“Quando andava in Nazionale, tornava e si perdeva per un mese. Quando non veniva convocato, si caricava e segnava”, è il senso del ragionamento che spesso si è sentito sulla sponda bianconera. Dev’essersene accorto Rino Gattuso al punto da spingersi al paragone con Oronzo Canà e Aristoteles ne “L’allenatore nel pallone”. Ringhio come Lino Banfi che si teneva il campioncino brasiliano in stanza in ritiro, lo ospitava a casa per pranzi e cene. Insomma, un ruolo più da bàlia che da condottiero della nave che ha bisogno dei migliori marinai a bordo per navigare. Né Allegri, in passato, né Gattuso, oggi, sono comandanti avvezzi ad indossare a lungo quei panni.
This post was last modified on 15 Gennaio 2019 - 23:10