Doverosa premessa. Alla luce dei fatti accaduti ieri in Inter-Napoli oggi, in realtà, non risulta facile il compito di parlare o anche solo pensare di calcio giocato. La vergogna di aver visto di nuovo un uomo – di qualsivoglia fede calcistica – versare sangue a causa dello svolgimento di una partita di pallone o di aver sentito ululati razzisti è incommensurabile. Ma, nostro malgrado, the show must go on e, quindi, ci tocca commentare l’angoscioso Frosinone-Milan che ha presumibilmente rovinato il pranzo di Santo Stefano ai tifosi rossoneri.
È il numero dei minuti passati dall‘ultimo gol rossonero su azione in Serie A. Era il 2 dicembre, era la rete dell’1-1 di Cutrone al Parma. Da li, il nulla, fatta eccezione per il rigore di Kessié 16 minuti dopo che regalò al Milan l’ultimo successo. Poi tre 0-0, ed un ko di misura a San Siro con la Fiorentina. Conditi, peraltro, da una eliminazione europea semplicemente assurda, contro l’Olympiakos.
Ora Gattuso, quantomai in crisi di risultati ed, evidentemente, di idee rischia. Rischia perché, da qualche settimana, il suo Milan non sembra avere più idee calcistiche valide. Rischia perché, nonostante tutte le assenze e tutte le giuste attenuanti, a Frosinone – li dove, con tutto il dovuto rispetto, anche le ‘non big’ hanno passeggiato – non puoi non vincere, rischiando addirittura di perdere. Ma, anche e sopratutto, rischia perché evidentemente esautorato da una dirigenza che, fondamentalmente, non sembra aspettare che il momento del commiato con l’ex calciatore.
Risulta evidente, infatti, constatare come la nuova società sia stata totalmente assente nei confronti dell’allenatore calabrese. Che, chiaramente, di sbagli in prima persona ne ha commessi. Evidenziare l’indifferenza di Leonardo e Maldini nei suoi confronti è parimenti corretto: il brasiliano, la cui capacità di collante fra squadre e dirigenti è riconosciuta universalmente, mai ha preso le parti del suo (?) tecnico, mai si è esposto pubblicamente. Se non ad Atene, quando tuttavia le sue dichiarazioni – esempio più unico che raro di parole pubbliche del brasiliano – hanno contrastato eloquentemente quelle pronunciate qualche minuto dopo da Gattuso.
Per quanto riguarda l’ex capitano il discorso è ancor più accentuato. Negli anni, infatti, si è sempre parlato di un Maldini poco interessato a svolgere un ruolo depauperato. Nominato direttore sviluppo strategico area sport del Milan, però, è parso più interessato alle vicende della Primavera che della Prima Squadra, allenata da un uomo con il quale l’ex 3 ha vinto in tutto il Mondo.
Lo scenario sopra descritto, dunque, impone una profonda riflessione. Innegabile ammettere le colpe di un Gattuso, specie nell’ultimo mese: male nei cambi a partita in corso, malissimo nell’arginare un’involuzione costante, malgrado l’ecatombe di infortuni, ancor peggio nel gestire la vicenda Montolivo.
Ma, se per giudicare oggettivamente dev’esser obbligatoria una profonda veduta d’insieme, non si può non puntare il dito sull’evidente scollatura fra chi guida il Milan in campo e chi lo guida fuori. Un quadro che, salvo miracoli, non può che avere un solo ed unico epilogo.
Che, forse, si sarebbe potuto evitare. O almeno provarci.
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This post was last modified on 27 Dicembre 2018 - 22:29