E’ uno dei capisaldi della resilienza sportiva americana; non importa quanto corta sia la tua panchina, ciò che conta è che il giocatore chiamato in causa, al di là delle defezioni, dia tutto quello che ha per non far rimpiangere l’infortunato di turno, sia esso una stella o un gregario.
I Boston Celtics la scorsa stagione o i Cleveland Cavaliers delle Finals 2015, le prime Finals dopo il ritorno di LeBron James, sono solo gli ultimi due esempi tangibili di questo concetto. I Cavs dovettero far a meno di Love e Irving, due titolarissimi per dirla all’italiana, ma vendettero cara la pelle ai pur superiori Golden State Warriors, grazie a impronosticabili prestazioni top di due insospettabili come DellaVedova e Mozgov. Entrambi non hanno avuto ruoli così significativi, né prima né dopo la suddetta serie di Finals.
Questo lungo preambolo non calcistico per sottolineare quanto dura e impervia sarà la scalata per chi dei nostri scenderà in campo domenica sera contro la Juve. Contati ed incerottati ci presenteremo contro una delle squadre oggi più complete d’Europa, forti in sostanza solo di spirito di sacrificio e abnegazione.
Altamente probabile che possa tuttavia non bastare, ma con una lista infortunati così lunga, occorre far affidamento realisticamente su questi fattori. Gattuso non si piange addosso, non cerca alibi, però le difficoltà sono state oggettive anche ieri sera in Europa League col Betis. Risulta complicata la costruzione dal basso di ogni azione e nessuno si prende la responsabilità di rischiare un passaggio tra le linee in nessuna zona del campo. Anche solo innescare Suso diventa un’impresa.
I limiti di gioco c’erano a rosa completa, figuriamoci ora. Si spera che la sosta poi conceda di recuperare qualcuno in vista della sfida importantissima con la Lazio. Fino ad allora, ‘next man up’.
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This post was last modified on 9 Novembre 2018 - 20:14