Non stiamo parlando dell’atleta perfetto, e neanche del compagno perfetto. Perché avere accanto uno che per novanta minuti abbondanti sbuffa, sbraccia e si lamenta non è certo piacevole. Ma Higuain – ieri sera tanto quanto due venerdì fa contro la Roma – ha dato un segnale importante ai suoi colleghi e a tutti quelli che li seguono: ha la cattiveria e la fame – senza fare spicci riferimenti alle sue abitudini culinarie – che a questo Milan mancano, ormai da troppo tempo.
Perché alla fine è lui che l’ha risolta a San Siro ed è lui che anche ieri ha salvato la faccia a tutti i rossoneri, apparsi per 45 minuti sconvolti e impotenti di fronte alla ferocia con la quale il Cagliari è sceso in campo. Perché il Diavolo non è scarso, né gioca male; sembra solo essere andato in letargo, essersi preso una pausa, sazio dopo aver regnato talmente tanto da guadagnarsi più volte addirittura il paradiso. Un Diavolo che a quanto pare non è riuscito a risvegliare neanche la grinta di Gennaro Gattuso, non certo un tenero putto.
Serve Higuain? Può darsi. Sicuramente il Pipita è l’unico di questa rosa che qualcosa ha vinto, che la Champions l’ha giocata e l’ha sfiorata, poco più di un anno fa. E’ uno che ha lottato con il Napoli contro una Juventus spaventosamente più forte, fissando comunque il record di gol segnati in un singolo campionato italiano. E’ uno che due scudetti in bianconero li ha vinti, di cui uno – l’ultimo – senza essere riconosciuto quale protagonista, ma segnando di fatto il gol più importante, quello che di fatto reindirizza il tricolore a Torino; proprio a San Siro, senza sapere che sarebbe poi diventata la sua futura casa.
Higuain è il solo leader di questo gruppo, ma deve imparare a farlo. Deve imparare a trascinare e a trasmettere, senza limitarsi a figurare come un bambino capriccioso. E i compagni a seguirlo, ad assimilare. Perché ogni tanto non devi essere bello per portare a casa il bottino, semplicemente devi essere affamato. Perché il Diavolo – soprattutto – deve tornare a fare paura.