Nove anni, circa tremila giorni, addirittura più di 4 milioni di minuti. Cifre enormi, significative. Sono il tempo trascorso fra il 31 maggio 2009 ed il 5 agosto 2018. Le date, in sostanza, che hanno segnato l’addio al calcio ed il tanto – troppo – atteso ritorno al Milan di Paolo Maldini, in veste dirigenziale. Una clessidra temporale davvero interminabile da veder svuotata ma che, finalmente, ha esaurito il proprio compito.
Non sono bastate le 902 partite ufficiali, i 7 scudetti e le 5 Champions League a garantire al Capitano di un’intera generazione un posto a vita nei quadri dirigenziali della compagine meneghina. Che, nel quasi decennio senza il proprio simbolo, ha cambiato radicalmente la propria dimensione: solamente uno Scudetto vinto in nove stagioni, nemmeno l’ombra di un successo europeo, con i quarti di finale massimo traguardo raggiunto. Adesso il Milan, il suo Milan, lotta per qualificarsi alla Champions, peraltro con scarsi risultati negli ultimi tentativi.
Quello che attende Paolo, dunque, sarà un lavoro durissimo. Il Milan deve ricostruire e ricostruirsi ed, in quest’ottica, Maldini non può che essere tassello fondamentale. A maggior ragione vista la non velata pretesa di avere un ruolo operativo e non rappresentativo. In buona sostanza, al recordman rossonero non interessa e non è mai interessato fare il bambolotto societario, bensì contribuire fattivamente a riportare il Milan dove, nove anni fa, lo aveva lasciato al Franchi di Firenze.
Sembra, comunque, che il Milan stia tornando. Lo sembrava anche lo scorso anno, quando una campagna acquisti da 250 milioni pareva dare il là ad una stagione da Diavolo. Sappiamo tutti che non bastò: dietro i grandi successi ci sono sempre grandi società, formate da grandi uomini. Quelli, per inciso, che non richiedono 10 milioni di euro di buonuscita dopo appena un anno in cui, per poco, non si veniva buttati fuori a calci da quella che, un tempo, era casa propria. Ma, questa, è un’altra storia.
Oggi preferiamo raccontarvi quella del ritorno della leggenda. Quella che alzò le storiche Champions a Manchester ed Atene, quella che non si fece piegare nemmeno da una finale persa dopo un parziale di 3-0. Quella che, fin dal suo provino nel 1978, decise di legarsi a vita ai colori rosso e nero, vivendo il fallimento del 1986, le ere Sacchi ed Ancelotti e calciopoli. Sempre con una maglia, sempre con il numero 3 e la fascia al braccio.
Maldini is coming home. Milan is coming home.
This post was last modified on 5 Agosto 2018 - 21:27