Per tutti i tifosi del Milan della mia generazione, quelli cioè nati dalla seconda metà degli anni Ottanta in poi, la settimana che sta per andare in archivio può essere catalogata senza ombra di dubbio come la più tragica (sportivamente parlando) di sempre. Per chi non ha visto il Milan retrocedere per due volte in Serie B, infatti, l’esclusione dalle Coppe Europee per motivi economici/finanziari è sicuramente l’onta peggiore mai vissuta. Dopo continui rinvii e voci diverse che trapelavano di giorno in giorno, infatti, nel primo pomeriggio di mercoledì scorso la Uefa ha comunicato la sua decisione di escludere il Milan per un anno dalle Coppe Europee e, quindi, a meno di stravolgimenti che potrebbero arrivare dal ricorso al Tas di Losanna, i rossoneri non parteciperanno alla prossima Europa League che si erano guadagnati sul campo. Al di là del merito della questione, quasi tutti hanno concordato sul fatto che la decisione dell’Uefa sia stata troppo severa e poco equilibrata rispetto ad altre situazioni in cui è stata usata una mano molto meno pesante, bisogna capire di chi sono le colpe di questa grottesca situazione.
Settimana resa ancor più paradossale dal continuo tira e molla tra Rocco Commisso e Yonghong Li nella trattativa che avrebbe dovuto portare il Milan dai cinesi all’imprenditore italoamericano. Il comunicato diramato nella serata italiano di ieri sera da Commisso ha disilluso, almeno per il momento, i tifosi rossoneri che non riescono a vedere la luce in fondo al tunnel e si trovano prigionieri delle speculazioni del broker cinese. La sentenza Uefa è stata abbastanza chiara nelle motivazioni ufficiali diramate per giustificare l’esclusione del Milan dall’Europa League: debiti pregressi e accumulati nel triennio 2014-2017 e poca credibilità del business plan redatto dalla nuova proprietà e dirigenza con una situazione resa assai peggiore dall’onerosa campagna acquisti fatta la scorsa estate. Una via di mezzo, quindi, che non può esimere da colpe nessuno, dal vecchio Presidente e il suo braccio destro, alla nuova società e dirigenza con le figure di Fassone e Mirabelli incluse.
Sulla credibilità di Yonghong Li si è discusso fin dall’inizio, con i continui rinvi del closing e le enormi incongruenze riscontrate da addetti ai lavori ed organi di stampa nel corso di tutta la trattativa. Dubbi che non si sono mai dissipati, anzi sono aumentati tra società fantasma ed in bancarotta e debiti mai ripianati. Meno, invece, si è scritto e detto sulla vecchia proprietà che quasi mai è stata tirata in ballo. Dal 1986 al 2010 il Milan è stato un club modello, in Italia e in Europa. Grandi giocatori, grandi vittorie e lungimiranza sotto tutti gli aspetti. Poi, un disastro. Le prime voci di cessione, il Lodo Mondadori, la genialata di nominare due amministratori delegati e l’addio di una colonna portante come Ariedo Braida. L’ultimo periodo della gestione Berlusconi-Galliani potrebbe essere preso come esempio per tutto quello che non si dovrebbe fare con una società di calcio. Sotto tutti i punti di vista, da quelli sportivi a quelli economici.
“Lascerò il Milan in mani sicure”. Così Silvio Berlusconi nei mesi agitati nel pre-closing, ma anche in tutto il periodo precedente quando ormai si era capito che la cessione era inevitabile. Yonghong Li è un uomo d’affari. Spericolato, non forse in grado di sostenere l’onere di guidare un club importante come il Milan. La fretta di togliersi dalle scatole il Milan, buono per prendere i voti e tremendamente dispendioso senza vittorie, ha mal consigliato l’ex presidente rossonero. Ogni giorno che passa contribuisce ad offuscare i ricordi delle vittorie che furono. Berlusconi e Galliani hanno garantito per Yonghong Li, ma quindi oggi perché il cinese sta pensando di vendere dopo aver comprato un anno fa? Questo lo sanno solo i protagonisti di questa grottesca storia, senza considerare le idee, nemmeno così assurde, dei complottisti che, dietro alla bizzarra figura di Yonghong Li, continuano a vedere quella di Silvio Berlusconi.