Laureatosi in Giurisprudenza nel 2015, Giovanni D’Avino è giornalista pubblicista dal 2016. Praticamente nato con la passione per il giornalismo ed il calcio, soprattutto quello a tinte rossonere, nel dicembre 2012 entra a far parte di SpazioMilan.it, per il quale attualmente svolge il ruolo di Coordinatore di redazione. Da alcuni anni collabora anche con il settimanale calcistico Corriere del Pallone.
Sarà oggettivamente difficile dimenticare lo scorso 23 maggio: la decisione dell’UEFA di rinviare a giudizio il Milan, dopo avergli negato anche il Settlement Agreement oltre al Voluntary di qualche mese fa, ha gettato nello sconforto più totale l’ambiente rossonero che pochi giorni prima aveva conquistato sul campo l’accesso alla fase a gironi di Europa League. L’attesa, ora, della pronuncia della CBC diventa spasmodica anche perchè il rischio di restare fuori dalle competizioni continentali è diventato improvvisamente concreto. Parlando a margine del Consiglio di Amministrazione di due giorni fa, l’amministratore delegato rossonero Marco Fassone ha fatto passare – forse involontariamente – il messaggio che l’esclusione dall’Europa League non sarebbe una catastrofe. A parere di chi scrive, il dirigente di Via Aldo Rossi sbaglia di grosso: dovesse arrivare, sarebbe una pagina nerissima nella storia del Milan, oltre che probabilmente la pietra tombale sulla gestione di Yonghong Li. A cui va dato atto di star rispettando tutte le scadenze economiche da un anno a questa parte, ma che verrà inevitabilmente ricordato come il presidente sotto la cui gestione un club che ha vinto sette Champions League è stato sbattuto fuori dall’Europa.
Comunque, per usare un detto molto caro a mister Gennaro Gattuso “non fasciamoci la testa prima di rompercela” e dunque aspettiamo la decisione del massimo organismo calcistico del Vecchio Continente per tirare le somme di questa che è una situazione altamente problematica. Nel frattempo, però, una cosa la si può dire anche adesso: in un momento in cui praticamente ognuno ha detto la sua su quanto avvenuto a Nyon, è assolutamente inaccettabile il menefreghismo delle istituzioni del calcio italiano, a cominciare dalla FIGC. Quelle stesse istituzioni – che dovrebbero aver controllato tutte le fasi del passaggio di consegne e la stabilità della nuova proprietà, e che in passato, per difendere altre squadre in occasioni molto meno rilevanti, hanno smosso mari e monti – non si sono degnate di alzare almeno un dito in difesa di uno dei due club più importanti del Belpaese, un patrimonio non solo delle centinaia di milioni di tifosi rossoneri sparsi in tutto il Mondo, ma giocoforza anche di tutti i calciofili italiani. Ed invece, tutto tace, se non fosse per delle lapidarie dichiarazioni del commissario Malagò, che si è affrettato a scaricare la patata bollente sul club rossonero: “Danno di immagine? Sì, però in questo momento mi sento di dire che è un problema più per loro che per la Serie A“. Come possa il capo del calcio italiano dire una cosa del genere resta francamente un mistero… Pertanto mi sento di concordate con chi, qualche anno fa, soleva dire che “a pensar male degli altri si fa peccato ma spesso ci si indovina“: vuoi vedere che questo atteggiamento pilatesco proveniente dai palazzi di Via Allegri e di Via Rosellini è dovuto al fatto che il Milan è lontano anni luce dalle posizioni di Malagò riguardo sia la governance della Lega Serie A sia la vicenda Mediapro sui diritti TV?
Cosa ne sarà, adesso, del Milan? Lo scenario maggiormente verificabile da qui ai prossimi mesi è che Yonghong Li venga accompagnato alla porta e sostituito con un nuovo proprietario, soprattutto se dovessero perdurare le difficoltà nel rifinanziamento del debito contratto col fondo Elliott. Non sarà semplice, visto che l’imprenditore cinese non ha intenzione di cedere, come dimostra il fatto di aver rifiutato almeno tre offerte giunte sulla sua scrivania ma ritenute troppo basse, visto che Li non vuole perdere l’investimento fatto meno di dodici mesi fa. Intorno a lui, però, sembra essersi fatta terra bruciata: nessuno fra coloro che si sono avvicinati al dossier rossonero ha voluto concludere il rifinanziamento, di fatto condividendo con l’UEFA lo scetticismo nei confronti di Yonghong Li e del suo patrimonio. Se così dovesse continuare, Elliott potrebbe rompere gli indugi ed escutere il pegno, per poi eventualmente rivendere il club nell’arco di uno-due anni per circa 500 milioni: in questo senso, Merrill Lynch e lo studio legale GOP stanno sondando il mercato, e del Milan è tornato ad interessarsi anche Goldman Sachs, oltre ad un fondo di private equity ed un venture capital, entrambi anglosassoni. Non è un caso, infatti, che negli ambienti finanziari sia stato accostato al Milan il nome di Stephen Ross, patron dei Miami Dolphins e molto vicino a Goldman Sachs. Dopo Suning con Thohir all’Inter, si ripeterà una situazione analoga anche sull’altra sponda del Naviglio?
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