Come dilapidare una stagione con un punto in saccoccia nel doppio scontro contro la gang di Brignoli e Iemmello, con un pari a San Siro contro un Sassuolo pressoché disastrato, con tre pere prese da un Hellas che con la A c’entra ben poco. Per info chiamare l’AC Milan 1899. O recarsi direttamente in sede presso via Aldo Rossi, 8.
Nossignori: la capocciata di Brignoli al minuto 94 di Benevento-Milan non è il punto più basso di una stagione già allora fallimentare. Il fondo, quello vero, lo si è toccato ieri. Non tanto nell’istante in cui Iemmello infila Donnarumma nell’imbarazzato gelo di San Siro. Quanto nei 97 minuti in toto. Quella di ieri rientra di diritto nella top 5 delle figuracce del decennio rossonero. Il che, già così, non sarebbe poi tanto piacevole. Il punto è che delle restanti quattro altre due sono targate 2017/2018. E, in particolare, Gennaro Gattuso.
Quando c’era Montella si attaccava Montella. Non i giocatori (benché allora per molti reggesse ancora l’alibi ambientamento). Quando c’è Gattuso non si attacca Gattuso. Ma i giocatori. “E Kalinic non segna mai”. “E Suso è diventato scarso”. “E Bonaventura non lo vogliamo più”. Strano eh? Eppure, dalle nostre parti, funziona così. Oggi nessuno parla di allenatore. Sia mai! Nessuno che dica che lasciare in panca il pezzo più pregiato della rosa (Suso), quanto già ti manca l’altro (Calha), non sia poi una mossa così sensata. Nessuno che parli di un 4-4-2 evidentemente non adatto a questo tipo di giocatori. Nessuno che ammetta l’ormai ampia prevedibilità di un gioco bello ma scarso di soluzioni.
Le stagioni vivono di periodi. Il primo mese di Gattuso è stato da incubo. I due successivi da sogno. L’ultimo da incubo, ancora. Ora, non si possono sputare sentenze facendo riferimento ad un momento soltanto. Dunque, non ha ragione chi dice che Gattuso è un fenomeno perché ha vinto per due mesi, ma neppure chi (sono pochissimi) lo considera un bidone per un primo e un ultimo mese da barzelletta.
Però i numeri esistono. E quelli hanno ragione sempre. In questo caso sono clamorosamente significativi. Nel senso che chi dice che Gattuso ha migliorato assai questo Milan si sbaglia di grosso. Almeno sulla carta.
Ringhio si è insediato sulla panca del Milan venti giornate fa. E, di fatto, è cambiato pochissimo. La posizione è la stessa: era settimo il Milan di Montella, è settimo il Milan di Gattuso. La distanza dall’obiettivo, quello vero, è aumentata: dodici punti dalla Champions Montella, tredici punti dalla Champions Gattuso. La media punti, escludendo i preliminari di EL (che chiunque spero avrebbe passato), è identica: 1.6 a partita con Montella, 1.6 a partita con Gattuso. Poi, di numeri pro Gattuso ce ne sarebbero, ma conta la brutale sostanza di una classifica ad oggi impietosa. E Ringhio, che vogliate o meno, non è riuscita a cambiarla.
Tutto ciò non vuol dire che il colpevole si chiami Gattuso. O che sarebbe stato necessariamente meglio tenersi stretto Montella. Significa che così come Gattuso non va preso come capro espiatorio ora, analogamente a Montella andava riservato un trattamento diverso. Perché a fallire è stato chi è sceso in campo. E, più di tutti, chi su quel campo ce li ha portati. Che poi sono gli stessi che con 250 milioni non hanno fatto una squadra da Europa League.
This post was last modified on 23 Aprile 2018 - 09:09