I tre punti da sballo di Genova ci hanno dato in pasto una sentenza e un interrogativo. La sentenza: André Silva si è sbloccato. L”interrogativo: che André Silva, in fondo, non sia poi così male?
Insomma ieri è successo veramente: Andrè Silva ha avuto la bella idea di sbloccarsi. Scegliendo peraltro un momento non proprio sbagliatissimo. Un lampo, quasi all’improvviso: di quelli che ti fanno impazzire perché ormai non ci credevi più. Silva era l’uomo che stavi aspettando ma non ti aspettavi. Un po’ perché, in fondo, iniziavi a perdere la speranza. Un po’ perché in un momento del genere sarebbe stato troppo bello per essere vero. E invece: to’ che bello. Gol, tre punti e tutti a casa.
Si parta da un presupposto certo: un gol alla ventottesima di campionato non ti rende di diritto un fenomeno. Tanto più se nelle precedenti ventisette non ne hai fatto neanche mezzo. Questo, perlomeno, mi pare piuttosto evidente. E’ altrettanto vero, indubbiamente, che se fai zero gol in sei/sette mesi non sei necessariamente un bidone. Cioè, a rigor di logica tutto porterebbe a crederlo. E può darsi pure che sia vero. Ma averne la matematica certezza è pressoché impossibile. André Silva, allo stato attuale, non è né un fenomeno né tantomeno un bidone. Parliamoci chiaro: anche ieri, aldilà del gol, non è che abbia fatto grandi cose. Ci fossero stati tre minuti di recupero, per intenderci, la storia sarebbe rimasta la solita: cinque in pagella, titoloni da addio e simili. Ma ieri ha fatto un gol, quindi tutto risolto. Gran gol, sia chiaro: smarcamento, torsione, precisione, potenza. C’era un po’ di tutto. Vero, ma non funziona così.
Quale sia il vero Silva non lo sa nessuno: lo racconteranno i prossimi match. Già, perché se c’era una rogna di fondo nel portoghese, era indubbiamente di natura psicologica. Se in sei mesi di campionato non segni nemmeno una volta, del resto, ti basta essere minimamente dotato d’intelletto per accorgerti che qualcosa non funziona. O, perlomeno, ti fai due domande. Silva è uno da capire, lo dice Mister Rino. E allora non esiste cosa migliore di un gol decisivo all’ultimo secondo di un match cruciale: antidoto perfetto per far passare la paura. Se di paura realmente trattatasi.
L’altro enorme dilemma che tocca il portoghese riguarda la sua natura di attaccante: prima punta, seconda punta, trequartista, mezza punta, prima punta che necessita di una seconda punta, seconda punta che necessita di una prima punta, attaccante atipico, falso nueve e tante altre grottesche definizioni. Cosa sarà mai il buon André Silva? E’ una prima punta. Una semplicissima, banalissima e normalissima prima punta, esattamente. Chi scrive ci tiene a sfatare il mito dell’André Silva seconda punta di qualità. André Silva non è un giocatore di qualità. O, meglio, non è un giocatore che fa della qualità la sua caratteristica principale. Anzi. Il luogo comune del ragazzino fenomeno di tecnica col nome portoghese ci inganna. André Silva è uno alto 185 cm, grande e grosso, di quelli che fisicamente fai fatica a prenderli. Basta vedere qualche video di skills in rete per accorgersi che il ragazzo non ha skills: ha i gol. La cosa è stata certificata da questi primi sette mesi in rossonero: non ricordo dribbling da urlo o troppi controlli da favola. Ricordo i gol da bomber di razza in Europa e qualche giocata da attaccante vero in area di rigore. Perché, alla fine, è quello il suo habitat. Lasciamolo lì, che, chissà, dopo Genova potrebbe pure farci qualche altro regalino. E non ci dispiacerebbe mica, caro André. Ce li devi.
This post was last modified on 12 Marzo 2018 - 18:06