Laureatosi in Giurisprudenza nel 2015, Giovanni D’Avino è giornalista pubblicista dal 2016. Praticamente nato con la passione per il giornalismo ed il calcio, soprattutto quello a tinte rossonere, nel dicembre 2012 entra a far parte di SpazioMilan.it, per il quale attualmente svolge il ruolo di Coordinatore di redazione. Da alcuni anni collabora anche con il settimanale calcistico Corriere del Pallone.
Alla fine del primo tempo di Milan-Chievo, lo stadio San Siro sarà stato avvolto da una coltre di negatività, di quelle che tante volte ci hanno accompagnato negli ultimi anni. Dopo il vantaggio iniziale di Calhanoglu, che sembrava aver messo in discesa una partita solo apparentemente facile, era infatti arrivato il fortunoso uno-due clivense con Stepinski prima ed Inglese poi, con quest’ultimo che trovava uno di quei tiri che se a riprovarlo altre dieci volte, va in Curva nove. Rischiava insomma di essere una domenica sportivamente disastrosa, con l’Inter che aveva demolito sotto cinque gol una Sampdoria irriconoscibile e la Roma che stava espugnando Crotone: inutile dirlo, alle 16 la qualificazione in Champions era praticamente svanita. Ed invece, con un secondo tempo giocato a testa bassa, i ragazzi di Gattuso, pur evidentemente stanchi a causa dei tanti impegni ravvicinati, sono riusciti a ribaltare una partita che forse li stava punendo oltre i loro effettivi demeriti. I gol decisivi sono arrivati dai piedi di Patrick Cutrone ed André Silva, e forse non è un caso che abbiano segnato proprio i compagni di reparto di Nikola Kalinic.
Già, Kalinic: escluso dalla partita contro i veronesi a causa dello scarso impegno mostrato in allenamento. Pare che il croato, dopo aver visto Gattuso consegnare la pettorina dei titolari a Cutrone nella rifinitura, si sia allenato a ritmo volutamente ridotto, inchiodato anche dal GPS che ha “testimoniato” il tutto. A fine partita, il tecnico rossonero ha mandato un messaggio molto chiaro al centravanti: “Non porto rancore, ma quando ci alleniamo voglio vedere sempre grande voglia. L’ho detto fin dal primo giorno e se non si fa così, con me non si può andare d’accordo. Chi non si allena bene resta a casa“. L’ex Fiorentina, che mai ha legato con l’ambiente, ha due mesi di tempo per guadagnarsi la conferma in rossonero, che pare sempre più lontana, soprattutto se Gattuso dovesse restare al timone del Diavolo. Sta di fatto che, a maggior ragione con una sola competizione rimasta – eccetto la Coppa Italia di cui manca solo la finale, tra un mese e mezzo – ormai Kalinic è stato scalzato, oltre che da Cutrone, anche da Andrè Silva.
Già, André Silva: in una settimana, il portoghese ha regalato, a conti fatti, quattro punti al Milan. Entrando dalla panchina, l’ex Porto ha siglato le reti delle vittorie contro Genoa e Chievo, dimostrando di poterci stare eccome in questa squadra. E’ il giusto premio per un ragazzo che mai ha fatto una polemica, pur venendo accompagnato sin dall’inizio dal peso di una trasferimento molto oneroso. I suoi ampi margini di miglioramento lo “obbligano” a continuare a lavorare per rendere concreto il grande talento di cui dispone. Ma il nativo di Gondomar può essere l’arma in più per la volata all’Europa che conta.
Un ultimo pensiero lo merita Mateo Musacchio: titolare inamovibile con Vincenzo Montella, dall’arrivo di Gattuso è finito stabilmente in panchina, diventando probabilmente il quarto centrale nelle gerarchie, visto che Ringhio – con l’infortunio di Romagnoli – gli ha preferito Zapata. L’argentino è entrato nei dieci minuti finali per rinforzare la difesa a protezione del risicato vantaggio ed è stato esemplare per impegno, concentrazione ed attaccamento alla maglia, come lo stesso Gattuso ha riconosciuto: “Mi ha emozionato, è un sudamericano di quelli veri, se vede qualcosa di storto si comporta da leader“. I Kalinic, i Musacchio e gli André Silva, tre facce dello stesso Milan: la sosta regala tanti temi all’ambiente rossonero…
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This post was last modified on 19 Marzo 2018 - 01:33