Il tempo delle risposte

Il tempo delle domande, tante e sempre di più, è praticamente scaduto. Quello delle risposte per ora ha generato solo un silenzio “assordante”. Di certo dopo l’inchiesta pubblicata da Milena Gabanelli su Corriere.it in merito alle società di Yonghong Li impone la richiesta di certezze. Almeno per rispetto del tifo rossonero, galvanizzato dai buoni risultati che la squadra sta finalmente producendo sul campo.

“A questo punto i casi sono tre: 1) Li è realmente molto ricco, finora ha tenuto nascosto il suo vero tesoro che forse non può far emergere, e non paga i debiti perché è distratto; 2) Ha fregato tutti ed è un mitomane; 3) Si è prestato a interpretare la parte in un gioco più grande di lui nel quale i soldi e le garanzie non sono suoi; 4) l’importante è che il Milan non finisca su Taobao”, hanno scritto ieri la Gabanelli e il collega Mario Gerevini dopo aver illustrato alcune delle vicende giudiziarie in cui sono finite, in Cina, le società riconducibili al proprietario del club rossonero. Da tempo su queste pagine abbiamo più volte sollevato con descrizione l’esigenza di ricevere risposte su alcuni punti poco chiari della provenienza dei capitali con cui nell’aprile scorso è stata conclusa l’acquisizione della società. Dopo le uscite su presunte e non confermate indagini della Procura di Milano sull’intera operazione, l’unica dichiarazione che abbiamo ricevuto parlava di “massima trasparenza, regolarità e correttezza”.

I tifosi, molti dei quali ritengono quest’esercizio giornalistico un modo per screditare il Milan, avrebbero diritto a sapere. Anche perché, nella malaugurata ipotesi che qualcosa andasse per il verso storto anche per il futuro dei rossoneri, non ci sarebbe spazio per quelli che “io l’avevo detto”. Bisognerebbe solo guardare con realismo ad un futuro lontano dai palcoscenici più prestigiosi.

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