Storia di un ex, Ibrahim Ba: prima stella, poi meteora

Chi scrive era presente il 13 settembre 1997. Milan-Lazio, seconda di campionato. I rossoneri vengono dal pareggio di Piacenza all’esordio, e debuttano davanti al loro pubblico. Vuoi mettere poter raccontare di aver visto l’unico gol di Ibrahim Ba in maglia rossonera? Dakar non portava proprio fortuna al Milan di fine anni Novanta. Dopo la scorpacciata di trionfi inizia un periodo interlocutorio in cui termina un ciclo e si tenta di aprirne diversi altri, e proprio da lì veniva anche Patrick Vieira, che come “Ibou”, soprannome ereditato dal padre, non lascerà così grandi ricordi. In quell’estate di 21 anni fa, dopo l’undicesimo posto dell’annata precedente, peggior risultato dell’epoca Berlusconi, si fa piazza pulita: torna Capello, usato sicuro, e c’è una lunga fila di giocatori fuori da Milanello: Kluivert, Andersson, Ziege, Cruz, Smoje, Cardone, Maini, Taibi, e a gennaio pure Ganz e Maniero. E’ una torre di babele che avrebbe dovuto portare a chissà quali traguardi, ma il miglioramento sarà solo di una posizione: decimo posto.

Tra quella miscellanea di nazionalità e etnie, c’è anche Ba, centrocampista che aveva brillato nel Le Havre dove esordì a 19 anni una volta trasferitosi in Francia con la famiglia, al quale piace correre sulla fascia destra che Berlusconi porta via al Bordeaux per 11 miliardi dell’epoca e dopo un’amichevole a Monza gli affibbia il soprannome di “Beaujolais nouveau”, un vino francese caratterizzato dalla sua frizzantezza. Vitale la sua presenza nel 4-4-2 di Capello, che gli dà lo scettro di titolare, e le cose sembrano mettersi subito bene nel debutto estivo al trofeo Berlusconi, allora ancora l’appuntamento principe del mese di agosto: 3-1 alla Juventus e sgroppate a non finire del francesino, che fuma Pessotto e serve Kluivert in occasione del terzo gol. “Ibou only you”, recita una bandiera appesa al secondo blu. Quel pomeriggio di settembre invece a San Siro finisce 1-1 e segna proprio Ba, dopo uno scambio stretto con Weah, battendo Marchegiani di destro. La Lazio pareggerà con un rigore molto generoso oltre il novantesimo, trasformato da Signori, e per il Milan il calvario è solo all’inizio. Oltre all’amaro campionato, arriva anche la sconfitta in finale di Coppa Italia proprio contro i biancocelesti. Ba disputa 40 partite e sforna 11 assist, in fondo non male, ma non abbastanza per confermarsi l’anno seguente con Zaccheroni, che trova in Guglielminpietro ed Helveg i due esterni titolari. Lascia nel 2003, lasciando un’immagine da imbucato alla festa più che di attivo protagonista.

Ibrahim Ba è restato nel collettivo rossonero più per la sua bonarietà e la capacità di stare nel gruppo che per il contributo in campo nonché per i suoi capelli biondo platino che con le acconciature di oggi appaiono addirittura fuori moda. Nel 2007, quando firma di nuovo con i rossoneri un contratto annuale dopo le esperienze in Inghilterra, in Turchia e in Danimarca, Ancelotti lo convoca solo una volta, a Napoli, a fine campionato e solo perché “Mi è simpatico”. Diventa suo malgrado il capro espiatorio, seppur in chiave ironica, di una stagione che il Milan termina al quinto posto, pur conquistando il Mondiale per Club e la Supercoppa Europea: si diffonde nelle rampe di San Siro, sovente, il coro “Chi ha comprato Ba ce la pagherà”. Suvvia, non siamo così cattivi. Talvolta le meteore sono state così guascone da restare nella memoria tanto quanto i grandi maestri. Ibou, thank you.

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