Il 26 febbraio è una data cruciale per capire il futuro di mister Yonghong Li, il proprietario del Milan. Tra una settimana esatta è attesa, infatti, l’ultima rata dell’aumento di capitale da 60 milioni lanciato lo scorso anno: cioè 10 milioni da mettere sul piatto come da accordi con il Cda del club. Si tratta di una piccola cifra ma negli ambienti finanziari c’è attesa per capire se Mr Li ha ancora frecce da lanciare al suo arco. L’impressione, tra i critici dell’uomo d’affari cinese, è che abbia perso negli ultimi mesi un appoggio fondamentale: cioè quello degli ambienti bancari che in questi anni lo hanno sempre sostenuto finanziariamente. E, secondo alcuni osservatori, proprio il minore appoggio delle banche a Li, che in Cina sono tutte regionali o nazionali e in qualche modo collegate al Governo, è sintomatico della stretta che Pechino ha voluto fare sugli investimenti sul calcio e sugli avventurosi imprenditori che hanno tentato affari calcistici in Europa.
I controlli del governo
C’è chi, nella capitale cinese, sostiene che su Mr Li si potrebbe presto abbattere un controllo governativo assai più rigoroso, con effetti tutti da calcolare. Altri, invece, sostengono che l’uomo d’affari cinese ha fino ad oggi sempre mantenuto le promesse ed effettuato gli investimenti necessari per il Milan. In ogni caso l’impressione è che Mr Li stia perdendo gli appoggi degli ambienti finanziari cinesi: tanto che per la sua cassaforte Jie Ande sarebbe stato chiesto il fallimento.
Le ultime indiscrezioni, citate dal Corriere della Sera, riferiscono di un’iniziativa in tal senso da parte di due banche, Jiangsu Bank e la Banca di Canton, per un mancato rimborso di 60 milioni di dollari. In realtà bisogna analizzare l’attività della holding per comprendere il motivo della stretta: la cassaforte, che farebbe capo a un personaggio sconosciuto, cioè un certo Liu Jhinzhong, era servita finora a Mr Li per effettuare una serie di incursioni su società quotate in Cina.
La holding nel mirino
Si tratta di una holding discussa, in quanto già da almeno 3 anni è nel mirino della Sec cinese, che ha anche comminato una multa alla società. Ebbene, le due banche avevano finanziato Mr Li per l’acquisto di titoli della società di packaging Zhuhai Zhongfu, quotata alla Borsa cinese. Peccato che la discesa del titolo abbia fatto rompere i covenant con le due banche che avevano in pegno le azioni. In altri tempi, con una maggior protezione del mondo bancario, probabilmente sarebbe stato concesso più tempo a Mr Li per rientrare sui prestiti ricevuti. In questo caso invece Jiangsu Bank e la Banca di Canton avrebbero chiesto la liquidazione della holding per riottenere quanto prestato.
Resta da capire se questo sia (o meno) un segnale delle autorità finanziarie cinesi. Per ora Yonghong Li, classe 1969, non ha operato quasi mai in prima persona nelle società di cui era ed è socio, ma tramite prestanome. Le società in cui è coinvolto, infatti, non sono quasi mai direttamente attribuibili a lui. È ad esempio proprio il caso della Ses-Sino Europe Sports, che era stata costituita appositamente per l’operazione sul Milan nell’autunno scorso e che faceva capo a un privato, Chen Huashan, sconosciuto a tutti, che fra l’altro aveva aperto come azionista anche altre due holding allo stesso indirizzo della Sino Europe Sports. Chen Huashan, si scoprirà più tardi, è un professionista di cui si serve spesso Mr Li nei suoi raid finanziari.
Doppia identità?
A rincarare la dose è stato anche un giornale cinese, qualche tempo fa. Il quotidiano di finanza Zhengquanshibao ha rivelato infatti che Li Yonghong probabilmente ha avuto anche una doppia identità nella sua vita imprenditoriale. Un certo Li Bingfeng era infatti il presidente di un’azienda immobiliare, che si chiamava “Dahezhizhou Group”. Ma da alcune ricerche Li Bingfeng non sarebbe mai esistito: anzi, Li Yonghong avrebbe avuto un ruolo fondamentale in Dahezhizhou Group. L’articolo del giornale cinese terminava dicendo che si trattava probabilmente di una doppia identità: infatti sia Yonghong Li sia Li Bingfeng sono nati nel 1969 a Maoming, nella regione del Guangdong. Anche in questo caso, il nuovo proprietario del Milan aveva tuttavia smentito e affermato che si trattava di pure invenzioni della stampa.
La rete di fiduciarie
Insomma, Yonghong Li, prima dell’operazione sul Milan, ha sempre utilizzato strutture che potrebbero far pensare a società fiduciarie che schermano gli azionisti.
Si spiega dunque perché a Pechino e dintorni il suo nome sia abbastanza sconosciuto. Così, prima di salire agli onori della cronaca per il Milan, l’uomo d’affari cinese era noto soprattutto per alcune operazioni di trading in Borsa. Se si guarda ai suoi raid borsistici, una delle operazioni effettuate nel passato è quella compiuta sul gruppo Duolun, per la quale Yonghong Li ha subito un richiamo e una sanzione dalle autorità di Borsa cinesi per 80mila euro
Ma come ha fatto dunque Yonghong Li ad ottenere la fiducia di Fininvest? Non sembra un magnate ma un normalissimo uomo d’affari, anche se per alcuni osservatori cinesi abbastanza sopra le righe. Mr Li, al momento della presentazione dell’offerta di acquisto per il club ha presentato alle banche e alla holding di via Paleocapa una documentazione sulle attività possedute in Cina a proprio nome. Ma alcune delle attività sono anche a nome della moglie Miss Huang.
Le attività nell’immobiliare: il grattacielo di Guangzhou
Mr Li si muove infatti attraverso diverse cassaforti, non solo la Jie Ande di cui ha scritto il Corriere. Il settore immobiliare sembra una delle attività più rilevanti per il broker, che possiede una quota (il 28% in via indiretta) di un palazzo avveniristico di 48 piani a Guangzhou: il New China Building, un centro commerciale immenso che si estende verso il cielo.
Nei documenti ufficiali il grattacielo di Guangzhou, dedicato al retail e ai negozi, verrebbe valutato in bilancio circa 8,8 miliardi di renminbi, cioè poco più di un miliardo di euro: forse una cifra eccessiva. La quota nel grattacielo sarebbe posseduta da Mr Li tramite una holding: questa scatola societaria sarebbe stata costituita con Xu Renshuo, cioè il socio d’affari di Mr Li entrato anche nel consiglio di amministrazione del Milan. Il pacchetto azionario dell’edificio varrebbe, dunque, convertito in euro, circa 280 milioni, anche se c’è da dire che la bolla immobiliare ha gonfiato parecchio il settore del real estate in Cina.
Il ruolo di miss Huang (la moglie)
Qualche piccola partecipazione è anche in mano alla moglie di Yonghong Li: come la Zhuhai Zhongfu Plastic Bottling, che la signora Huang possiede tramite la Beverage Packaging Company Limited e la Ruxin New Materials Technology. La Zhuhai Zhongfu Plastic Bottling Co Ltd verrebbe valutata circa 300 milioni di renminbi (cioè 40 milioni di euro). Tra le altre attività in mano alla moglie di Mr Li ci sarebbe anche la DongGuang Transmission & Fuel Injection Technologies (valutata circa 300 milioni di renminbi) della quale Ms Huang dovrebbe possedere circa un 25%.
Il business delle miniere
Capitolo a parte è quello delle miniere di fosfati in Cina, un minerale strategico per l’agricoltura, attività che il governo cinese promuove con forza. Tre mesi fa sono circolate indiscrezioni giornalistiche che hanno messo in dubbio questa proprietà, che nei documenti presentati alle banche, genererebbero un giro d’affari di 800 milioni di renminbi (cioè 108 milioni di euro). La stima di valore fornita è un po’ datata: a novembre 2015 varrebbero circa 648 milioni di renminbi (cioè 87 milioni di euro). A Mr Li fa capo il 75% delle miniere: per un valore di 65 milioni.
Le stime sul patrimonio
Quindi, se si sommano le partecipazioni sue e della moglie, si arriva a un massimo di 504 milioni di euro di patrimonio per il misterioso Li: C’è chi sostiene che questa stima sia ambiziosa visto che il valore di molte partecipazioni dovrebbe essere rivisto alla luce degli ultimi eventi negativi.
Fonte: Il Sole 24 Ore