In una nota scena del capolavoro cinematografico di Edward Zwick “L’ultimo Samurai”, il capitano Nathan Algren, interrogato da Katsumoto sulla possibilità di cambiare il proprio destino, risponde: “Io penso che un uomo fa ciò che può, finché il suo destino non si rivela“.
Ciò è quanto avvenuto a Dejan Savićević in una fredda notte novembrina dell’88, quando una coltre di nebbia si è abbattuta sullo stadio Marakana di Belgrado, imponendo il rinvio al giorno seguente del match di ritorno del secondo turno di Coppa Campioni partendo dal risultato di 0-0. Destino beffardo e incomprensibile per il fantasista di Titograd, che, a causa di quella cortina imperforabile, si è visto vanificare il gol del momentaneo vantaggio jugoslavo, consentendo, al contempo, alla sua futura squadra di proseguire la corsa al tetto del mondo.
Savićević e il Milan si rincontrano nel 1992, quando il presidente Berlusconi, stregato dalla sontuosa prestazione del montenegrino nella semifinale contro il Manchester United, decide di prelevarlo, per la cifra di 10 miliardi di Lire, dalla Stella Rossa, regalandolo al mister rossonero Fabio Capello.
Il genio milita per sei stagioni all’ombra della Madonnina, vincendo tre scudetti, tre Supercoppe italiane, una Supercoppa UEFA e una Champions League. Nelle 144 partite disputate in rossonero, Savićević segna ben 34 gol di cui, nella memoria dei calciofili del secolo scorso, resterà per sempre impresso quello di Atene, rifilato al Barcellona. Il loop con il quale scavalca Zubizarreta, per il momentaneo 3-0 rossonero, diviene, infatti, un gesto iconico del calcio anni ’90 (un po’ come l’esultanza di Tardelli nell’82 o la testata di Zidane del 2006), celebrato, a distanza di anni, anche dal rapper e tifoso milanista Jake La Furia ne “Gli anni d’oro”.
L’ultimo gol in maglia rossonera lo sigla l’8 gennaio 1998 nel derby di andata contro l’Inter, valido per i quarti di finale di Coppa Italia e, a fine stagione, chiude l’esperienza meneghina. Dopo un periodo di inattività, dal gennaio 1999 gioca, per cinque mesi, nella Stella Rossa, dove disputa però solo 3 partite, prima di passare al Rapid Vienna, sino al 2001.
Appesi gli scarpini al chiodo, Dejan Savićević, prima, allena la Serbia- Montenegro e, dopo l’indipendenza di tale stato, viene eletto presidente della federazione calcistica montenegrina.