Dategli un calcio piazzato e vi solleverà il mondo. Uno dei protagonisti del Milan di platino, quello sacchiano, viene in realtà da lontano e prima della gloria ha assaggiato anche la polvere. E’ il 1981 quando Alberico (che erroneamente viene chiamato Alberigo, con la “g”) fa capolino in un povero Milan che annaspa in serie A e affronta il Bologna. Il centrocampista originario di Massa, nato il giorno di capodanno del 1963, era entrato in rossonero a 14 anni e vi rimarrà sino ai trent’anni. Suo nonno paterno era un “trovatello” e fu adottato da una famiglia di Massa, ecco spiegate le origini del rossonero che nacque in casa, proprio sopra la bottega dei genitori, due persone che hanno dedicato una vita al lavoro e avevano poco tempo per donare affetto a dei ragazzini. Vuoi per questo, vuoi per una inclinazione caratteriale, Alberico è sempre stato di poche parole, trincerato nei suoi silenzi e di scarso impatto mediatico. Eppure sono questi gli uomini che Arrigo Sacchi sceglieva: prima l’uomo, poi il calciatore, diceva. In cambio del suo essere taciturno, Evani ha sempre garantito professionalità, attaccamento alla maglia e grande dedizione alla causa.
Gli furono affibbiati diversi soprannomi, tra cui “Bubu” (decisamente non gradito!) e “Chicco”, che gli era più congeniale. Nel 1982 il Milan retrocede e lui sprofonda in B con la squadra. Nel campionato cadetto disputa 35 partite e in quella squadra sono già comparsi Mauro Tassotti e Franco Baresi. Il telaio del grande Milan che sarà prende forma con Nils Liedholm che attua una tattica del fuorigioco sdoganata a livello mondiale pochi anni più tardi, ed Evani è sempre titolare, seppur dapprima come terzino sinistro (diverrà centrocampista di fascia sinistra con Sacchi). Il 5 aprile del 1989 il giovane Albertini, proprio lui, Demetrio, gli entra in allenamento senza tanti complimenti e gli frattura un piede. Sacchi inserirà Ancelotti al posto di Alberico, e sarà lui a darà il via alla goleada contro il Real Madrid. Niente paura: il destino che lo aveva messo fuori causa in quel caldo fine stagione, lo ripaga all’arrivo del freddo. Inverno 1989, è il mese di “Chicco”. Il 7 dicembre, con una sventola mancina, buca Zubizarreta e regala al Milan la Supercoppa Europea contro il Barcellona. Dieci giorni più tardi, si replica: nel rompicapo pallonaro di Milan-Nacional Medellin, Intercontinentale a Tokyo, è lui a un minuto da rigori, a prendersi la Coppa con un’altra punizione, stavolta più scaltra e chirurgica, battendo l’istrionico Higuita.
Evani resterà rossonero sino al 1993, godendosi altri due scudetti, un’altra Coppa dei Campioni (questa volta titolare nella finale contro il Benfica del ’90), e un altro trionfo intercontinentale. Alla Sampdoria ritrova il suo amico Gullit, vince la Coppa Italia ma sbaglia a San Siro uno dei due rigori che falliranno i blucerchiati nella finale di Supercoppa Italiana proprio contro la sua ex squadra. Nel 1991 era entrato nel giro dei fedelissimi della Nazionale sacchiana che va in finale a Usa ’94: calcia con sicurezza uno dei due tiri dagli undici metri a Pasadena, che però non serviranno a riportare in Italia il titolo mondiale. La sua carriera manageriale e di allenatore lo ha fatto partire da casa, Milanello, dove allenerà le giovanili sino al 2005. Poi, a proposito di giovani, la Nazionale: Under 18, Under 19 e poi la Under 20 portata in semifinale al Mondiale 2017, eliminata dall’Inghilterra e vincente nella finale per il terzo e quarto posto. Adesso studia tra i grandi: è stato assistente di Ventura, lo sarà molto probabilmente del CT che verrà. Nessun problema per lui che non ha mai avuto confini. Da Massa al Giappone, “Chicco San”, l’uomo dei due mondi.