Non si parla proprio di “noccioline“. E quando di mezzo c’è Silvio Berlusconi in Italia non è mai un qualcosa che può passare inosservato. Ecco perché la vendita del Milan dalla Fininvest all’imprenditore cinese Yonghong Li ha fatto parlare, discutere e sollevare richieste di chiarimenti. E continuerà a farlo ancora per un bel po’ di tempo, soprattutto in tempi di campagna elettorale e – chissà – magari anche dopo se Forza Italia e la coalizione dell’ex Cavaliere dovesse riprendere le redini del Paese.
Prima ci fu Bee Taechaubol, imprenditore thailandese che nell’estate del 2015, con tanto di foto a Villa Certosa sembrava essersi portato ad un passo dall’acquisto del Milan. Poi saltò tutto ed ecco affacciarsi Yonghong Li. A suon di caparre da 100 milioni alla volta, per tre tranche, l’attuale presidente rossonero ha portato avanti l’operazione fino alla chiusura dello scorso aprile. I soldi sono arrivati da Hong Kong attraverso società create ad hoc, poi depositate presso compagini lussemburghesi, con tanto di passaggi alle Virgin Islands, uno dei tanti paradisi fiscali di questo mondo. Ad ogni modo, Fininvest ha portato a casa e messo regolarmente a bilancio quanto pattuito, informando regolarmente passo dopo passo Bankitalia. Ma un’operazione da oltre 700 milioni per una delle squadre di calcio più note al mondo e tenuta in mano per oltre trent’anni da un personaggio come Silvio Berlusconi non passa inosservata.
A novembre si è fatto sotto il New York Times, alimentando dubbi sulla reale identità di Mr. Li e sulla provenienza dei soldi. Poi in Parlamento sono intervenuti i deputati del Movimento Cinque Stelle, chiedendo lumi sulla proprietà del Milan. Da ultimo, in piena campagna elettorale, è arrivata la notizia di ieri mattina, smentita dalla Procura di Milano ma confermata a più riprese dal quotidiano La Stampa, circa l’apertura di una presunta indagine sulla partita. La questione che può semmai preoccupare i tifosi rossoneri è un’altra, ben delineata da Carlo Festa del Sole 24 Ore sul suo blog The Insider: “L’unica vera certezza, a questo punto, è che la confusione e i timori giudiziari potrebbero danneggiare lo stato delle trattative per il rifinanziamento del club rossonero, che deve 360 milioni al fondo americano Elliott, da restituire entro il mese di ottobre. I fondi statunitensi e le banche americane, principali controparti in questa fase delle negoziazioni per sostituirsi ad Elliott, sono infatti particolarmente sensibili a notizie di questo tipo, anche se in questo caso sono state smentite“. Il futuro del Milan passa proprio da qui. In attesa della prossima puntata.