L’esonero di Montella è l’esito crudele di una storia che meritava il lieto fine. Così non è stato, chiaramente. Per colpa un po’ di tutti. Società, giocatori, allenatore. Tutti uguali: colpevoli.
La mossa dall’alto è stata piuttosto concreta: fuori lui, dentro Rino. Un passaggio alle cose formali che più formale di così non si può.
Peccato che, pur restando assai formale, la suddetta mossa sia evidentemente paradossale.
UTOPIA CHAMPIONS
Anzitutto serve chiarire il messaggio in codice che la mossa nasconde: l’esonero di Montella è l’affermazione di un obiettivo. E’ la prova inconfutabile che la meta del Milan resta il quarto posto. Altrimenti, logicamente, si sarebbe trattenuto Montella. Il quale per la Champions aveva chance microscopiche ma che per l’altra Europa era pienamente in corsa.
Ora, è naturale domandarsi: ma questo Milan può arrivare quarto? La risposta è palese: la offrono numeri, dati e punti. Il Milan, che in panchina ci sia Guardiola, Ferguson o Gattuso, dista (potenzialmente) quattordici punti dalla Roma. La quale rappresenta il confine della zona Champions. Ecco, questa squadra a fare quattordici punti ci ha messo tre mesi: dal 28 agosto ad oggi. Lottare per un posto in Champions significherebbe avere l’obbligo di farne altri quattordici. E sperare che Sampodoria, Lazio e Roma, intanto, prese da chissà che squilibrio, non ne facciano. Tutto molto credibile, insomma.
Eppure la società (e sotto sotto pure qualche tifoso) crede che l’impresa sia fattibile. E ne ha tutto il diritto. Il calcio, di per sé, non è granché razionale: l’Italia è fuori dal Mondiale. Ma pur ostinandoci a fingere ottimismo, la mossa non ha ugualmente le sembianze di una mossa logica. Che senso ha, adesso, ricominciare da capo? Ha più senso ripartire da una crescita (lenta, ma palese) frutto di un progetto già avviato o da un enorme punto interrogativo? Si è scelta la seconda.
EUROPA LEAGUE? NO GRAZIE
La società media, di fronte ad una classifica che si fa tragica, punta il jackpot sul resto. Quindi: Europa League e Coppa Italia. Vedi il Manchester United, che l’anno scorso, di questi tempi, non era altro che la versione british di questo Milan. E Montella, oggettivamente, in Europa League aveva già fatto centro. Qualificandosi con un turno di anticipo, con il terzo miglior attacco delle 48 partecipanti ed evitando figuracce stile Inter 2016/2017 (perché due pareggi son due pareggi, non l’apocalissi). Ma, anche di questo, nessuno ha voluto tener conto.
PIANO A E PIANO…?
Il fatto più paradossale è un altro. E condanna Fassone. Perché proprio lui, in un pomeriggio, presumibilmente caldo, di fine estate, affermava con fierezza: “Ho un piano A e un piano B. Ho presentato alla Uefa un piano più ‘conservativo’, che mostra i progressi, anche se il club resterà fuori dalla Champions, per la prossima stagione”. Ecco allora le soluzioni sono due. A) Il piano B, presentato alla Uefa, era di esonerare Montella. B) Questo fantomatico piano B è andato perso. Perché se dici che non andare in Champions League non è una sciagura in quanto esiste un piano B, ma poi, una volta constata l’impossibilità di raggiungerla, mandi tutto all’aria, allora: o consideri il mandare tutto all’aria un piano, o questo piano di riserva non ce l’hai.
FUORI TEMPO
Oltre alla mossa in sé, anche la tempistica della mossa è misteriosa. E non solo perché se era necessario troncare era meglio farlo subito, fornendo tempo al progetto Gattuso. Per due ulteriori aspetti. Anzitutto per il calendario. Privare Montella del periodo potenzialmente più facile della stagione, relegando a Gattuso questo succulento filotto di partite è un’intuizione un po’ furba. Che, si spera, non illuda il popolo. Poi per la Primavera, che qualcosa vale. E che, negli ultimi tempi, aveva trovato la quadra giusta. Domata da quel Gattuso che ora non avrà più.
COSE FORMALI
Più di tutti, però, c’è un tema che non torna: la riconoscenza. Perché Fassone, Mirabelli e company rappresentano sì la nuova proprietà, ma rappresentano anche il Milan. E il Milan, ad uno come Montella, deve essere infinitamente grato. Una banda grottesca come quella dell’anno scorso ce l’ha portata lui in Europa League. E’ stato lui a regalarci una coppa in periodo di carestia. E’ stato lui a cucire su Suso l’abito del fenomeno. Avrà fatto tante cose cattive ma sono indubbiamente più quelle buone. E per questo andava aspettato e rispettato. Ma Fassone e Mirabelli, si sa, hanno sempre una certa fretta di passare a quelle (dannate) cose formali.