Fuori Vincenzo Montella, dentro Rino Gattuso. Il Milan cambia – anche se tardivamente – la propria guida tecnica nell’estremo tentativo di ridare un senso alla propria stagione. La palla, adesso, passa ad uno dei giocatori più amati della storia del Diavolo, capace di vincere tutto – in Italia e nel Mondo – indossando una maglietta a righe rosse e nere. Una mossa già progettata – neanche troppo velatamente – fin dalla scorsa primavera.
Dicendo ciò, non vogliamo assolutamente insinuare che l’ex centrocampista abbia – per dirla in termini pratici – fatto le scarpe a Montella. La fossa, l’Areoplanino, se l’é abbondantemente scavata da solo, in virtù, in primis, di un troppo ampio gap dalla zona Champions, obiettivo sfumato dopo appena tre mesi. Al netto di miracoli che profumerebbero di leggenda.
Plaudiamo, invece, alla lungimiranza di Fassone e Mirabelli. L’esonero di Montella – ad onor del vero – è frutto di un loro errore di valutazione. Confermare il tecnico campano è stata scelta infruttuosa, le cui problematicità erano, in verità, alquanto prevedibili. Va, però, come accennato all’inizio di quest’editoriale, apprezzata l’idea di creare un piano B interno. Scegliere Gattuso – operazione conclusa ben prima di dare il via al faraonico mercato da 230 milioni – per allenare la Primavera, infatti, faceva parte di un progetto i cui orizzonti, evidentemente, superavano gli interessi della principale selezione giovanile rossonera.
Comunque, nonostante l’esito finale, qualche parola di ringraziamento – a mente fredda – Vincenzo Montella la meriterebbe. Va, infatti, dato atto al tecnico campano il merito di aver riportato il Diavolo in Europa. Così come sarebbe ingrato non sottolineare che l’unico trofeo ottenuto dal Milan nell’ultimo lustro porta la sua firma. Peccato aver smarrito la bussola sul più bello.
This post was last modified on 29 Novembre 2017 - 17:15