Definire il genio di Andrea Pirlo è impossibile. Perché un genio non è umano. E l’umano non può descrivere il disumano.
Andrea Pirlo è stato un uomo che da solo ha cambiato un movimento. Un movimento globale, chiamato calcio. Rivoluzionando il copione di un interprete: il centrocampista. E chi se non lui, paradigma del professionista perfetto? Pirlo è stato il più forte centrocampista di ogni epoca. E resterà, per ogni epoca, un modo di fare il centrocampista. Imitarlo non ha senso: è semplicemente impossibile. Ispirarsi vale. Pirlo è un lancio di 50 metri di precisione golfistica. Pirlo è un tocco morbido che ti manda in porta. Pirlo è un passaggio quando il passaggio non c’è. Pirlo è tante cose. Troppe, cose. Pirlo è un assist no-look al 120′ di una semifinale mondiale.
E’ stato amato da tutti. Perché è stato giusto amarlo. Perché avere il ventuno, quel ventuno, è stato un orgoglio per tutti. Tranne per l’Inter: Tardelli non l’ha mai capito. E noi non capiremo mai Tardelli. Pirlo ha vinto e fatto vincere. Se Pirlo ha vinto, del resto, è anche (e spesso soprattuto) merito di Pirlo. Perché senza di lui il Milan avrebbe una Champions in meno. All’Italia mancherebbe un Mondiale.
Il genio di Andrea è stato totale. Dentro il rettangolo verde. Fuori il rettangolo verde. Rispetto per tutti, rispetto da tutti. Con quella finta indifferenza che lo ha reso simpatico un po’ a chiunque. Con quella innata attitudine all’estro che, da talento, lo ha reso prodigio.
La punizione “alla Pirlo”, il lancio “alla Pirlo”, il mediano “alla Pirlo”. Ne ha inventate tante di cose, Andrea. E solo Andrea poteva inventarle. Lui, pozione perfetta di testa e piedi, tecnica e intelligenza. Giocatore e uomo.
Andrea Pirlo è stato questo. Poche parole, proprio come piace a lui.
This post was last modified on 7 Novembre 2017 - 15:49