Una guida che deve infondere sicurezza alla squadra: è questo il ruolo del portiere. Per diventare un pilastro per i compagni però ci vuole tempo, la giusta determinazione, oltre a qualcuno che indichi la via da seguire. In esclusiva per SpazioMilan.it ci ha condotto in questo percorso Fabrizio Cavallini, preparatore e responsabile dell’area portieri di Football Milan Ladies. Da un vero mito del ruolo come Buffon, alle prossime leve, con i fari puntati su Gigio Donnarumma, al futuro del calcio femminile con Giada Pilato e Sofia Locatelli, ecco cosa abbiamo scoperto.
Ciao Fabrizio, purtroppo non possiamo non iniziare dalla Nazionale e l’eliminazione dell’Italia dal Mondiale. Come hai visto Buffon e il suo addio alla maglia azzurra?
A vederlo piangere mi stavo commuovendo anch’io. Non si può non adorare Buffon, non solo per il portiere che è stato e che è, ma anche come personaggio. Si è sempre presentato in prima persona in qualsiasi cosa mettendoci la faccia. Vedere il suo addio fa male veramente. Sarebbe un sogno se potesse ancora continuare, magari ripensarci per gli Europei, allora avrebbe 41 anni, una specie di Zoff due. Se ha le forze psicofisiche potrebbe farlo. Vederlo in panchina e non titolare però sarebbe anche un problema, perché la sua immagine potrebbe essere pesante per chi sta in campo. Penso a un Del Piero a Francia 98 che ha sofferto molto la presenza di Baggio, ma anche solo a Donnarumma e alla pressione che ha dovuto sopportare quest’estate mentre era nel mezzo di una competizione con tutto quello che lo circondava.
Come suoi sostituti Buffon ha indicato proprio Donnarumma e Perin, sei d’accordo?
A livello mediatico, ma anche per qualità, penso sarà Gigio il suo successore. Ha la tecnica e il potenziale di crescita giusti e lo vedo bene come sostituto. Perin non mi ha mai fatto impazzire, per la tipologia di portiere che è, a lui preferisco uno come Sirigu o altri. Dobbiamo poi pensare che al momento Perin gioca in una squadra, il Genoa, che lotta per la salvezza e anche rispetto ad altri portieri di altri club ha esperienze diverse, meno internazionali. Se si pensa in prospettiva europeo quella di Buffon sarà comunque una mancanza importante. È sempre stata una figura che dà sicurezza e tranquillità, con lui la difesa gioca meglio. Si permette di fare dei passaggi e osare un po’ di più anche al limite dell’area e di giocare la palla anche più sereno.
Una critica di questi giorni è stato il mancato investimento sui giovani, ma c’è anche da capire come andare avanti.
Quando è subentrato Ventura sulla panchina della Nazionale il suo obiettivo era fare degli stage con i giovani, costruire un progetto, ma ne ha fatti pochi. Hanno preferito puntare ai risultati immediati e ci siamo trovati in questa situazione. Se penso alle altre nazionali ce ne sono poche in Europa che hanno un’età media dei giocatori così elevata. In questo senso è mancato tutto il meccanismo. Chi occuperà l’incarico di ct dovrà essere anche un motivatore e la scelta, mai come ora, sarà fondamentale. Allo stesso tempo ci vogliono dirigenti che sanno il fatto loro e uno come Maldini, più volte chiamato in causa, sarebbe fondamentale da questo punto di vista. Lo vedo come un dirigente alla Riva.
Parlando di nuove leve i due portieri di Milan Ladies, Sofia Locatelli e Giada Pilato, le hai allenate anche all’Inter. Che crescita hai notato in questi anni?
Giada sono 8 anni che l’alleno, 9 contando questa stagione al Milan e la conosco da quando ne ha 12. Devo dire che era già predisposta e molto brava con i piedi fin da giovane, poi si è ritrovata nel mondo della prima squadra con l’Inter, dove però non ha avuto spazio per mettersi alla prova. Quest’anno al Milan gioca come portiere titolare e anche i miei metodi di allenamento sono cambiati. Voglio che diventi un portiere tranquillo, non voglio che faccia scatti o urla all’ultimo, è difficile visto che è molto giovane, ma deve capire che deve restare calma anche per la squadra. Se impara questo poi va avanti da sola. Può pensare già lei alle situazioni di gioco, se fa un errore lo può analizzare da sola, e per me un errore deve essere sempre percepito come un’occasione di miglioramento e non qualcosa da condannare. Sofia invece l’ho seguito di meno anche perché per un periodo era andata via e poi tornata dopo un anno e mezzo di stop. Al suo ritorno l’ho vista cambiata in positivo, ha messo la testa a posto ed è lei stessa che vuole migliorare e mi chiede come farlo. Un esempio: mi ha scritto pochi giorni fa un messaggio in cui diceva che aveva i video della partita e se li potevamo vedere insieme. Con questo atteggiamento andrà lontano, inoltre in prospettiva la vedo molto bene e soprattutto lei ha un grande vantaggio, è molto rapida di gambe.
Quali differenze hai notato nel tuo passaggio dall’ambiente Inter a quello del Milan?
All’Inter sono stati anni fantastici, la società mi seguiva e mi supportava sulla crescita dei portieri. Poi l’ultima stagione con il nuovo mister le cose sono cambiate perché lui vedeva di più l’allenamento portieri insieme a quello della squadra, invece che una cosa separata. Mi sono accorto però che così non funzionava e ho notato un crollo dal punto di vista tecnico e tattico. A fine hanno è arrivata la decisone di lasciare e cambiare. Nel Milan invece si è creato subito un gruppo, più una cosa famigliare fin dal mio arrivo, ridiamo e scherziamo tra di noi. È rinata in me la voglia di mettermi in discussione, avevo più spinta nel fare le cose e trovare nuovi esercizi da proporre anche alle ragazze. Mi danno la massima fiducia e credono molto in me e nel progetto.
A convincerti a venire al Milan anche il progetto dell’Academy portieri di cui ha parlato il ds Germano Sessa quando ti ha presentato quest’estate.
È un progetto nato con il mio arrivo al Milan per un motivo molto semplice: a livello giovanile è fondamentale trovare portieri, sia nel maschile sia nel femminile. Si dice che portiere si nasce, ed è vero, ma a livello tecnico è molto molto difficile, perché già solo la tecnica di tuffo è particolare e se non la impari fin da piccolo e la fai diventare istintiva non ci riesci più avanti. Per esempio il portiere dell’Inter ha proprio questo tipo di problema perché ha iniziato tardi. Al momento ho bambini su 9 anni fino ai 16 e dovrebbe arrivare qualcuno di 6/7, ma l’importante è riuscire a farli crescere sulla tecnica e non sul fisico, perché sappiamo che poi quello cambia.
Quali sono le differenze nell’impostazione e nella preparazione tra maschile e femminile?
Una differenza abissale è l’altezza, ma poi altra cosa è la potenza fisica e l’esplosione nelle gambe. Penso che niente faccia capire meglio la differenza tra i due come l’impostazione sulle palle alte, che nel mondo femminile è il grande problema. Se sei una ragazza e non lavori bene di testa, imparando a posizionarti bene e calcolare i tempi prenderai sempre gol e sbaglierai sempre le uscite. Il discorso quindi non è di potenziamento fisico, ma di tecnica. Il tipo di movimenti da fare e cosa fare e come andare ad impattare la palla con le mani o la tecnica di tuffo. Con Giada e Sofia alleno anche un ragazzo di 18 anni, che rispetto a loro è molto scoordinato, ma è alto e sulle palle alte ci arriva con il suo fisico. Sono soddisfazioni quindi quando in partita magari alla prima sbagliano, poi capiscono l’errore e non lo ripetono più. Poi durante una gara è ovvio che le cose sono sempre diverse che allenamento. Il secondo gol di domenica Giada lo ha preso su una cosa che sapeva benissimo, le dico sempre quando la palla rimbalza ti voglio sulla riga di porta, lei invece ha fatto un paio di passi fuori e le hanno fatto gol. Sapeva cosa doveva fare, poi sul momento si è fatta prendere dall’agitazione, l’importante è sapere di aver fatto un errore e capire come evitarlo la prossima volta.
Importante è quindi lavorare molto sulla testa delle ragazze
Si, ma non c’è una regola scritta su come farlo, ognuno ha il suo metodo che deriva dal proprio carattere. Difficilmente parlo a caldo sia in positivo sia in negativo, quando lo faccio parlo in settimana e cerco di sdrammatizzare molto per far vedere che sono sereno e trasmettere questa serenità alle ragazze, anche se sbagliano. Sempre tornando a domenica scorsa Giada non l’ho vista benissimo prima della partita, pensava troppo all’altro portiere, che era l’ex del Milan, era convinta di doverla guardare perché la considerava più forte e ha subito un gol facile. Le ho fatto notare che i due gol del nostro pareggio sono arrivati da due errori del portiere del Monza e che la sua preoccupazione non aveva senso.
C’è qualcuno che Giada e a Sofia prendono come esempio?
Giada ha sempre guardato Neuer e il portiere della Nazionale statunitense (Hope Solo), a livello italiano però le ho sempre detto di non guardare le altre, deve essere se stessa e ha le capacità per diventare lei un esempio. Sofia invece è in quella fase che deve ancora maturare, decidere cosa vuole fare e come diventare. Se vuole può diventare un portiere alla Marcheggiani o alla Peruzzi, ma preferisco che non si focalizzi su una tipologia di portiere solo.
Parlando di te ho scoperto che ogni tanto giochi ancora hai vinto anche il premio Man of the Match in un paio di occasioni.
Oltre ad allenare mi piace ancora tanto giocare a pallone, anche se ammetto che le mie ginocchia iniziano a dirmi basta. Vengo coinvolto da diversi amici, che fanno tornei a 7 e mi chiedono la disponibilità. Finché posso non gli dico di no, la passione è ancora tanta e serve anche a me tornare in porta. Poi se il migliore dell’incontro sono io sono contento, ma ammetto che quando il portiere è il migliore forse qualcosa non va.
Hai iniziato nelle giovanili della Sampdoria trovandoti accanto Pagliuca, Sereni e Nuciari.
Ricordo bene Pagliuca, è come Buffon, anche a quei tempi ti dava una tranquillità assoluta perché le prendeva tutte. Forse era meno preciso in uscita, ma quando arrivava una palla in porta era sua. Questa è l’immagine che ho e spero di trasmettere, una figura che infonda sicurezza.