Corriere della Sera: per Yonghong Li si avvicina la resa dei conti

A sei mesi dal closing, Yonghong Li e il mondo rossonero paiono ancora due perfetti sconosciuti. Il neo proprietario non ha, infatti, ben chiaro chi sia il Milan e dove può arrivare e il popolo rossonero, dal canto suo, disconosce l’identità del cinese e l’origine del suo denaro. Si narrava, tempo fa, di miniere di fosfati e di partecipazioni in aziende cinesi quotate, ma queste paiono, oggi, essersi disciolte come neve al sole.

Sin da subito nel mirino del collega Pallotta, che, tra l’alto, di gestione di debiti se ne intende con la sua Roma, Li è stato oggetto di critiche, per la gestione del calciomercato, anche da parte di Silvio Berlusconi. Nel frattempo, è stata rinviata, come previsto, l’approvazione del bilancio al 30 giugno, un esercizio di soli sei mesi, più rosso che nero come del resto sarà il prossimo bilancio. Il punto è che, come riferisce l’edizione odierna de Il Corriere della Sera,  il presidente-minatore è attaccato all’ossigeno dell’hedge fund Elliott di Paul Singer. Poi, tra un anno, magari lo scenario sarà più roseo, ma ad oggi nulla lascia presagire il meglio.

Intanto, come fanno notare gli uomini di Li in rossonero, il businessman cinese ha investito di tasca sua centinaia di milioni dei 740 totali di valutazione del club, e questo è, di certo, un argomento valido per chi non vede nulla di anomalo in un’operazione che ha una fisiologica componente di leva finanziaria. Inoltre, il ricorso a Elliott, anziché a una banca tradzionale, sarebbe giustificato solo dalla necessità di aggirare la rigida regolamentazione cinese sull’esportazione di capitali e consentire la rapida chiusura del closing. Una sorta di prestito ponte, insomma, che, tuttavia, verrà a costare da solo però circa 50 milioni extra tra interessi e sconti più tutto il Milan in pegno. Di recente, hanno iniziato, pertanto, a trapelare indiscrezioni su nuovi soci e trattative con banche internazionali per rifinanziare il debito e togliersi il cappio al collo prima che ceda lo sgabello.

 

Rifinanziamento è, dunque, adesso la parola d’ordine. Anche per smontare i 128 milioni dei bond “viennesi” al 7,7% che sono finiti in mano a Project Redblack, veicolo del fondo Elliott, finanziato da due impalpabili società del Delware e King George Investments.

Appare auspicabile per rassicurare l’ambiente sapere, quantomeno, chi è lo schivo Yonghong Li o, almeno, per chi lavora.

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