È giovedì e, per fortuna, si torna in campo. La sfida con l’AEK Atene rappresenta quasi una manna dal cielo per il Milan, alle prese con il traumatico post-derby. Di cui non parleremo ulteriormente: si sono già spesi fiumi di parole, aggiungerne altre sarebbe superfluo e ridondante. Oltre che deprimente. Contro i greci, però, Montella non può sbagliare: il tecnico campano, al netto delle dichiarazioni di Fassone e Mirabelli, sta rapidamente esaurendo i bonus a propria disposizione.
Chi vi scrive, nelle scorse settimane, aveva previsto la conferma dell’ex Sampdoria anche in caso di ko con l’Inter. Così é stato e così, probabilmente, sarà ma tirare troppo la corda potrebbe costringere i vertici di Via Aldo Rossi a passare alle cose formali a campionato in corso. Nel frattempo, la Roma rimonta da 0-2 a 3-2 allo Stamford Bridge -salvo poi farsi a sua volta riprendere da un grandissimo Hazard-, e David Luiz esprime apprezzamenti non proprio lusinghieri verso Antonio Conte. Nell’ovest di Londra non si respira, quindi, un clima disteso e cordiale.
L’argomento del giorno, però, è un altro. Ricardo Kakà si ritira. O meglio, chiude la sua avventura con la maglia dell’Orlando. E adesso? Uno dei giocatori più forti della storia del Milan starebbe spingendo per chiudere la carriera a San Siro. Sui social, la stragrande maggioranza dei cuori rossoneri si è detta nostalgicamente pronta a riaccogliere Smoking Bianco. Il sottoscritto, classe 96′, è cresciuto ammirando le sue gesta, piangendo lacrime amare il giorno del suo passaggio al Real Madrid. Ma, nonostante tutto, spera fortemente che tale ritorno non si concretizzi, almeno quello che prevederebbe il brasiliano tornare a Milano da giocatore.
Un Kakà 3.0 non farebbe bene né al Milan, né ai suoi tifosi ed, infine, nemmeno a Kakà stesso. Offuscare gli splendidi ricordi che legano il popolo di San Siro al brasiliano con l’immagine di un giocatore tanto amato seduto ragionevolmente e sistematicamente in panchina non sarebbe una cosa intelligente ma solamente un’ulteriore fitta al cuore, per un ambiente già abbastanza depresso come quello rossonero. Chiudiamo, dunque, con piena razionalità il libro cuore, anche a costo di beccarci critiche ed insulti dei nostalgici.
Per Ricardo, ovviamente, le porte del Milan sono comunque aperte. A che se, a questo punto, preferiremmo vederlo nelle vesti, ad esempio, di team manager o in un ruolo assimilabile a quello di Pavel Nedved a Torino. Sarebbe la giusta collocazione e riporterebbe -ne siamo certi- qualche sorriso dalle parti di Milanello. Perché la storia non si nega, si rispetta. A costo d’esser maledettamente cinici.