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ANALISI/ Cutrone, la luce dopo il blackout

A costo di essere blasfemi, il 3-2 al Rijeka ricorda un po’ da vicino quel rocambolesco quarto di finale con l’Ajax nel 2003. Se allora il protagonista di quel thriller fu Filippo Inzaghi, che si aggiudicò l’Oscar per acclamazione, oggi a togliere le castagne dal fuoco ci ha pensato Cutrone, che come le salamandre sta cambiando pelle e da bomber estivo sta divenendo anche cecchino autunnale. A voler proseguire il gioco dei nostalgici paragoni, ditemi, non vi pare di rivedere Marco Simone?

Il film di giovedì sera però, lontanissimo dalla nobiltà e dal giubilo di quel Milan-Ajax soprattutto per la posta in palio, non è stato un thriller, o perlomeno lo è stato in parte, bensì di certo si è rivelato un autentico film dell’orrore.
Come in un grande palazzo newyorkese durante un uragano, il Milan, ufficialmente affetto dall’allergia al pareggio, ha improvvisamente avuto un blackout pressoché totale una volta sedutosi sulla comoda poltrona del 2-0, tirando i remi in barca in vista dell’arrivo della Roma a San Siro domenica all’ora del té, ritenendo sufficienti 60 minuti di compitino dove i croati, dopo una partenza sprint, hanno lasciato libertà e iniziativa ai rossoneri.

Errore macroscopico, e quel Milan che a Genova non era proprio sceso in campo, ieri sera dal campo se n’è andato in anticipo, concedendo due reti che mai nella vita sembravano possibili, e per di più grazie a due errori di chi dovrebbe tener su la baracca, ossia Bonucci e Romagnoli, quest’ultimo, nonostante il dubbio rigore, fattosi saltare come un principiante sulla linea di fondo purché fosse ampiamente in vantaggio sull’avversario.

Non vi è modulo che tenga se la testa di chi scende in campo non conserva famelica voglia di azzannare l’avversario, lucidità e continuità per tutto l’arco della gara contro qualsivoglia avversario.
Consoliamoci: Roma, Inter e Juventus a San Siro nell’entrante mese di ottobre, più che ossi duri, sono banchi di prova necessari, su cui la lampadina sarà per forza accesa. Utilizzato il bastone, non dimentichiamoci però della carota: in sottofondo, il Milan è pur sempre un cantiere, una squadra con tanti giocatori nuovi che devono amalgamarsi così come capitò anche al Milan di Sacchi, pur con la dovuta prudenza nei paragoni, che dovette attendere il 25 ottobre del 1987 e una vittoria a Verona, firmata da un colpo di testa di Virdis, per dare la svolta alla propria stagione e alla propria storia. Quest’anno, a trent’anni esatti di distanza, si giocherà proprio a Verona il 25 ottobre, ma il popolo rossonero si augura che il cambio di passo a livello mentale possa avvenire molto prima. Vero è, come specificato da Montella nel post-partita, che il bilancio numerico è assolutamente positivo: dieci vittorie in dodici partite ufficiali sin qui disputate sono un bottino più che lusinghiero, se andiamo a guardare i numeri. I rossoneri non sanno pareggiare, e forse sono proprio gli uragani pesanti in arrivo il mese prossimo, quelli che servono a questo Milan per spazzar via le insicurezze e l’assurda quanto insolita paura di vincere.

 

This post was last modified on 29 Settembre 2017 - 19:44

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redazione