Nelle ultime ore tiene banco la querelle Sky-Milan suscitata dalle osservazioni di Ilaria D’Amico circa le “coperture finanziarie” delle “pazzesche” operazioni di calciomercato del club rossonero. Con Kalinic, in effetti, il Milan ha investito oltre 200 milioni in pochi mesi. Le formule delle operazioni sono variegate, tra prestiti con diritti/obblighi di riscatto e acquisti immediati, così come le tipologie dei pagamenti (con rateizzazioni più o meno ampie), quindi non si deve commettere l’errore di pensare che i 200 e passa milioni peseranno tutti e subito sui conti.
Le questioni da chiarire a riguardo sono due. La prima, connessa alla sostenibilità finanziaria degli affari compiuti. La seconda, connessa alla sostenibilità contabile del calciomercato rossonero nell’ottica del Financial fair play Uefa.
In sintesi, si può affermare che i rischi per la nuova proprietà rossonera derivano in misura minore dalla copertura finanziaria e dall’indebitamento prodotto dai colpi di mercato dell’estate e in misura maggiore dal loro impatto economico nel medio-lungo termine. Ecco perché.
Indebitarsi nell’ottica del fair play Uefa è un problema “relativo”. Quello che conta, in prima battuta, per Nyon è che i ricavi complessivi riescano comunque a coprire i costi di gestione del club, inclusi gli interessi passivi da corrispondere annualmente per i prestiti contratti. Ciò che conta, in altri termini, è che i bilanci siano in pareggio o al massimo in deficit entro la soglia attualmente consentita di 30 milioni. Quindi se un club ha un indebitamento di un miliardo ma i ricavi permettono di sostenere anche gli oneri finanziari e il bilancio è in ordine non scatta l’allarme degli organi di controllo.
Questo non vuol dire, però, che ci si può indebitare all’infinito. Per le norme Uefa non si dovrebbero comunque maturare debiti superiori ai ricavi di un anno. Perciò se un club ha un miliardo di debiti e ricavi stagionali per cento milioni finisce sotto monitoraggio, perché anche se per un anno magari riesce a pagare gli interessi, sul lungo termine la sua situazione debitoria viene giustamente considerata insostenibile. A quel punto la Uefa può imporre prescrizioni a carico del club per ridurre i debiti, come il blocco del mercato in entrata per esempio. Il Milan oggettivamente non è in questa situazione.
I casi Bonucci e Biglia sono nati per le particolari regole di pagamento degli affari di mercato in vigore in Italia. Entrate e uscite da calciomercato sono gestite dalla “camera di compensazione” della Lega ed eventuali eccedenze nelle spese vanno coperte (in percentuale) con fideiussioni. Il Milan avendo investito molto in Serie A e avendo tutti gli asset principali già in pegno a Elliot ha fatto più fatica a procurarsi le fideiussioni nei circuiti bancari (le banche per i parametri di Basilea hanno bisogno di garanzie sempre più solide per concedere crediti sotto qualsiasi forma).
Alla fine la dirigenza rossonera le ha ottenute, probabilmente, pagando qualche percentuale di interesse in più. La seconda questione, vale a dire se il Milan può permettersi tutte queste spese nell’ottica del Financial fair play Uefa, potrebbe riservare più rischi per la dirigenza rossonera.
Il Milan ha avuto libertà d’azione in questi mesi in quanto solo dalla stagione in corso è tornato a disputare una competizione europea. Quindi la Uefa controllerà i bilanci delle tre stagioni precedenti (2014/15, 2015/16 e 2016/17) nei prossimi mesi. Il Milan cinese dovrà basarsi sui conti della vecchia proprietà Fininvest (che approvava i bilanci al 31 dicembre). Non avendo a disposizione i conti al 30 giugno 2017 non è possibile essere precisi su questo punto. Tuttavia guardando ai bilanci chiusi al 31 dicembre 2014, 2015 e 2016 (gli ultimi tre completi pubblicati) si può ragionevolmente dedurre che il club rossonero sia oggi nettamente oltre i limiti delle perdite d’esercizio fissati dalla Uefa (30 milioni). In questi tre anni, infatti, la società ha accumulato un rosso di 250 milioni.
Ed è ragionevole pensare che la Uefa dunque possa sanzionare il club. A meno che, nel frattempo, il Milan non ottenga il cosiddetto “Voluntary Agreement”. La Uefa concede ai club con nuove proprietà che devono sostenere investimenti per il rilancio di derogare ai parametri del fair play finanziario a patto che ci sia un piano credibile di sviluppo dei ricavi in un arco temporale di 3/5 anni. In cambio il club accetta sanzioni o restrizioni meno severe di quelle che sarebbero applicate dalla Uefa in sede di “Settlement Agreement” (quello a cui sono sottoposte Inter e Roma).
La Uefa non ha ancora mai concesso a nessun club il voluntary introdotto appena due anni fa e quindi non si conoscono precedenti. Sta di fatto che ha già rifiutato nei mesi scorsi il business plan presentato da Yonghong Li nel quale si ipotizzava una crescita di fatturato fra il 2018 e il 2022, dagli attuali 250 a oltre 500 milioni, grazie ai ricavi Champions e agli introiti commerciali in Cina. Il piano sarà riproposto in autunno. Come si pronuncerà la Uefa?
Un’incognita scaturisce dal fatto che per regolamento il voluntary non può essere concesso a club che cambiano proprietà quando sono già sotto sanzione (è il motivo per cui Suning non l’ha potuto chiedere). Come si comporterà la Uefa con un club come il Milan che formalmente non è sotto sanzione, ma che di fatto è già ben oltre i parametri?
Altra incognita riguarda il peso degli attuali acquisti sui conti rossoneri. Se è vero che non tutti peseranno sul bilancio 2017 è anche vero che tra ingaggi, rinnovi, commissioni e ammortamenti il costo della rosa del Milan (già a 200 milioni al 31 dicembre 2016 tra stipendi e ammortamenti) risulterà in forte crescita a fronte di ricavi che senza Champions e al primo anno di sviluppo non faranno segnare incrementi altrettanto significativi.
Aggiungendo a ciò una situazione debitoria in sostanziale peggioramento tra Elliot e altri mutui accessi da Li Yonghong, la posizione della Uefa potrebbe rivelarsi tutt’altro che accondiscendente con il Milan. Per evitarlo sarà cruciale per la società dimostrare di avere una rosa competitiva (e patrimonialmente rivalutata), di essere in lizza per accedere alla prossima Champions e soprattutto avere nero su bianco nuovi e remunerativi contratti commerciali.
fonte: Marco Bellinazzo – giornalista Sole 24 Ore – su Goal.com