Laureatosi in Giurisprudenza nel 2015, Giovanni D’Avino è giornalista pubblicista dal 2016. Praticamente nato con la passione per il giornalismo ed il calcio, soprattutto quello a tinte rossonere, nel dicembre 2012 entra a far parte di SpazioMilan.it, per il quale attualmente svolge il ruolo di Coordinatore di redazione. Da qualche anno collabora anche con il settimanale calcistico Corriere del Pallone.
Per chi è nato negli anni ’90, e pertanto non può avere memoria diretta delle gesta di gente come Gianni Rivera o Franco Baresi, Paolo Maldini rappresenta senza dubbio l’essenza più pura del Milanismo. Il capitano di mille battaglie, col rossonero marchiato sulla pelle, e che ha dedicato l’intera carriera ai colori della squadra amata, mantenendo sempre “un senso della morale, del dovere, della fedeltà e dell’etica che ne fanno una delle icone del calcio” (lo celebravano così i francesi de L’Equipe nel 2007). Insomma, la trasposizione in campo di quello che vuol dire essere tifosi del Milan. Eppure, negli ultimi tempi, la sensazione è che Paolo stia pian piano intaccando parte di questa giustificata ed infinita magnificenza agli occhi dei tifosi del Diavolo.
Il motivo lo avrete capito: il reiterato rifiuto alla proposta dei nuovi proprietari di entrare in società, rifiuto ribadito ieri per l’ennesima volta: “Ho preso una decisione ad ottobre e la considero giusta e ponderata. I dubbi rimangono e sicuramente non cambio idea adesso”. Mettiamo subito le cose in chiaro: i dubbi di Maldini – che tuttavia non si è capito di preciso quali siano – possono essere anche compresi, ma a far storcere il naso sono altri elementi. Fassone e co. non gli avevano di certo proposto di fare esclusivamente da bandiera, da “fantoccio” messo lì per ricordare a giocatori vecchi e nuovi cosa significa indossare la casacca rossonera e come fare per portarla in cima al Mondo. Nelle idee del nuovo amministratore delegato, Paolo avrebbe dovuto ricoprire il ruolo di direttore tecnico, una funzione operativa di collante tra Milanello e Via Aldo Rossi, con la possibilità di comporre insieme a Fassone e Mirabelli una sorta di “triumvirato” che avrebbe preso tutte le decisioni relative all’area tecnica, soprattutto quelle del mercato. Eppure Maldini ha detto di no, spingendoci a pensare che forse condividere il potere decisionale non gli aggradava, e che l’ex capitano avrebbe voluto un plenipotenziario “stile Galliani”. Ma da quando essere stato un grande giocatore significa automaticamente essere un grande dirigente, soprattutto se prima di allora non si è maturata la benchè minima esperienza dietro una scrivania?
Detto questo, stasera c’è la Roma: l’ennesima tappa verso un obiettivo, il sesto posto, che nessuno sembra voler tagliare per primo. Al Milan, invece, farebbe molto comodo approdare in Europa dopo tre anni di assenza. E’ vero, sarebbe l’Europa di “serie B”, peraltro da affrontare partendo a luglio dai preliminari, ma questo Milan non può prescindere dal giocarvi. Non può per ragioni economiche, non può nemmeno per ragioni tecniche, perchè, si sa, è più facile convincere i giocatori bravi a venire da te se puoi permettergli di esibirsi sui palcoscenici internazionali. E poi, nessuno dica che l’Europa League sarebbe solo un ostacolo per il raggiungimento degli obiettivi di campionato: sono tre anni che giochiamo una sola volta a settimana e avete visto quali sono stati i risultati…
Twitter: Juan__DAv
This post was last modified on 6 Maggio 2017 - 10:58