Domani pomeriggio, alle ore 15 al Sant’Elia di Cagliari, il Milan chiuderà ufficialmente la stagione 2016/2017, anche se dalle voci di mercato incessanti e le manovre ben avviate per la costruzione della prossima squadra, ormai sono tutti già proiettati alla prossima. Il ritorno di Rino Gattuso al Milan, come allenatore della Primavera, una programmazione chiara e lungimirante, i tanti nomi di calciatori già acquistati o posti semplicemente come obiettivi più o meno fattibili, fanno sognare ad occhi aperti i tifosi rossoneri che, negli ultimi anni di sbiadita e svogliata gestione Berlusconi/Galliani, non erano più abituati a tutto ciò. Ora, il Diavolo sembra essere tornato protagonista, almeno sul mercato, in attesa di farlo anche sul campo, cosa che maggiormente interessa a tutti i milanisti.
La qualificazione ai preliminari di Europa League, intanto, è già un grosso passo in avanti da questo punto di vista. Un sesto posto agguantato e difeso con i denti che era il minimo indispensabile per raggiungere l’obiettivo che ci si era prefissati ad inizio stagione. Proprio questo sesto posto, però, cosa abbastanza paradossale se si pensa alla storia del Milan, è il miglior piazzamento in campionato del Diavolo dal 2012/2013, anno in cui arrivò l’ultima qualificazione in Champions League, con Massimiliano Allegri in panchina. Poi, tre stagioni nerissime in cui non si è riusciti a centrare nemmeno l’Europa League. Vincenzo Montella, invece, ce l’ha fatta, con il minimo indispensabile e rispettando quello che lui stesso aveva posto come obiettivo. Il Milan dovrà sudare sui campi di periferie d’Europa già da fine luglio e dovrà passare due turni preliminari per entrare nel tabellone principale della competizione, ma tant’è.
Anche solo per questo motivo, quindi, il lavoro di Montella non può che considerarsi positivo. Siccome il calcio non è una scienza esatta e una stagione dura circa nove mesi, ci sono tante piccole sfaccettature che danno ancor più valore al lavoro dell’ex tecnico di Fiorentina e Catania. Prima di tutto non bisogna dimenticare che il Milan è tornato ad alzare un trofeo dopo cinque anni. La Supercoppa Italiana natalizia conquistata ai rigori a Doha, non avrà lo stesso valore di uno Scudetto, ma averla conquistata contro questa Juventus, vicina al triplete e alla storia, non può che dare ancor più lustro al trofeo. Non è finita qui. Con una rosa modesta, piena di scarti, parametri zero, prestiti e costruita con un mercato pressoché inesistente, Montella è riuscito a fare le nozze con i fichi secchi. Il girone d’andata terminato a 39 punti e al terzo posto in classifica, rappresenta, infatti, un altro mezzo miracolo del tecnico campano.
Soprattutto nella prima parte di stagione, poi, la squadra è tornata ad avere un’identità, un’anima, una sua fisionomia, a volte anche un gioco apprezzabile e, soprattutto, è tornata a rendere i propri tifosi orgogliosi di essa. Un senso di appartenenza alla maglia che i tifosi rossoneri non vedevano da anni e, se quest’anno raramente ci si è vergognati di essere milanisti, il merito è da attribuire solo a Montella. Gli ultimi due mesi, i pareggi contro Crotone e Pescara, la sconfitta casalinga contro l’Empoli e la fatica fatta in tante, troppe partite nel girone di ritorno, hanno un po’ offuscato questa immagine, ma la rosa era limitata e in più si è trovata di fronte ad assenze pesantissime per una squadra già modesta. Bonaventura era un elemento insostituibile e non gioca da fine gennaio, così come gli acciacchi di Romagnoli e la moria di terzini (Abate su tutti), sono stati un brutto colpo per la truppa rossonera. Di fronte, però, calciatori come Suso, Locatelli, Deulofeu, Pasalic, a tratti anche Paletta e Abate, sono stati letteralmente miracolati dalla cura Montella e, spesso e volentieri, hanno fatto la differenza.