Mercoledì scorso 1 marzo per la prima volta la “massa” ha iniziato a intuire quello che noi ripetiamo da mesi su queste pagine. Il “velo” sul closing e sui cinesi ha cominciato a cadere. Non nel senso che tutti si aspettavano, cioè di conoscere finalmente i nomi dei nuovi proprietari del Milan, vero e unico diritto sacrosanto di ogni tifoso e appassionato. E’ caduto invece il velo, quasi esclusivamente mediatico, che impediva ai più di comprendere il terzo grande “bluff” nel giro di due anni. Velo mediatico, sì avete capito bene, perché ci sono vari tratti in comune delle tre trattative o supposte tali per la cessione del Milan.
Le analogie in particolare sono tra Mr Bee e Yonghong Li, entrambi chiacchierati operatori finanziari senza pedigree che si propongono di raccogliere in Estremo Oriente cifre fantasmagoriche per l’acquisizione del Milan. L’analogia più evidente è però la presentazione delle due operazioni. Entrambe sono state trattative, in parte anche l’intermezzo di Gancikoff e Galatioto, quasi esclusivamente mediatiche. Comunicati ufficiali, note Ansa, interviste del presidente, documenti più o meno autentici in ideogrammi, inviati dalla Cina (???), informatori travestiti da ben informati, agenzie di comunicazione ingaggiate alla bisogna, giornalisti acritici addirittura aggressivi con i (pochi) colleghi che esercitavano il libero dubbio. Due impalcature mediatiche molto complesse e dettagliate, a tratti maldestre e grossolane. Che hanno tratto in inganno il 99% dell’informazione sportiva e un buon 50% di chi si occupa del settore economico-finanziario.
Due vicende dalle quali la stampa nazionale esce con le ossa rotte e la credibilità in frantumi. Eppure in tutto questo non abbiamo letto né sentito un: “Mamma mia che cantonata abbiamo preso”. Difficile, in alcuni casi, non pensare male. Soprattutto quando, sul più importante quotidiano nazionale esce un profilo agghiacciante del candidato presidente del Milan soltanto quattro mesi dopo rispetto a quando era stato pubblicato dall’Ansa cinese. Profilo peraltro che Fininvest non ha mai smentito. Non ci riteniamo “vincitori” di niente. Anzi. Da tifosi ci riteniamo sconfitti, non oggi, ma quando abbiamo iniziato a capire che per Fininvest il nostro amato Milan non era più un bene, ma un fardello di cui liberarsi il prima possibile. Tutto quello che è successo dopo è stata ed è tuttora una mera conseguenza.
Noi abbiamo solo avuto la fortuna e l’arguzia di capirla prima degli altri. Avremmo preferito sbagliarci di grosso. E vedere davvero il Milan in mano alla cordata più ricca e munifica della Cina e del mondo intero. Purtroppo non è andata così. Ci aveva visto lungo Paolo Maldini, milanista nell’animo, vero e disinteressato. Proprio il 1 marzo il capitano ci ha fatto capire che cosa significhi essere un campione. Prima della puntata di QSVS in cui avremmo parlato del closing saltato lo abbiamo contattato chiedendogli se ci potesse concedere un intervento in diretta. La sua risposta è stata: “No, oggi sarebbe troppo facile”.
Lezione di vita. Eleganza e dignità senza eguali. Quelle non si comprano e non si vendono. Cosiccome la professionalità. Chi vuole screditarla perché non ha più argomenti per ribattere dimostra la pochezza di chi ha presentato tutta questa roba non curandosi di prendere in giro i tifosi. Che in fine dei conti sono l’unica vera risorsa rimasta al Milan. Disposta a fidarsi ciecamente anche contro ogni logica. Ma siccome la fiducia è ormai davvero agli sgoccioli e le maldicenze stanno prendendo il sopravvento, perché, per sgombrare il campo da qualsiasi dubbio o diffidenza, Fininvest non ci dice una volta per tutte: ma quei 200 milioni di caparra chi li ha versati? Chi sono quelli che stavano o, secondo alcuni irriducibili, stanno comprando il Milan? Dietro questa domanda c’è l’ultimo pilastro dell’amore, della fede e della venerazione conquistate in 30 anni di trionfi straordinari.
Nota a margine
Uno speciale ringraziamento va a SpazioMilan che, come il Gruppo Mediapason, mi ha permesso di esprimere liberamente dubbi, perplessità e critiche nei confronti di Fininvest e dei nuovi sconosciuti proprietari senza censure o limiti. Complimenti anche per aver “resistito” ai tentativi di endorsement a differenza, purtroppo, di molte altre testate.