Daniele Castagna è nello staff di SpazioMilan.it da aprile 2016, coordinatore di redazione ed inviato. Quotidianamente vicino alla squadra, presenza fissa a Milanello e Casa Milan. È ospite di Top Calcio 24, Calcissimo TV e Milan TV.
Probabilmente chiamerà degli sciamani Montella, perché ormai il campo della razionalità non basta più. Le indagini andranno fatte nell’ignoto, capire ciò che sta succedendo alla difesa del Diavolo, utilizzando il cervello, potrebbe far uscire di testa. Nel giro di pochissime settimane, il Milan ha perso praticamente un reparto, lasciando sul campo più della metà delle pedine a disposizione. Più che di un report medico, si tratta (ironicamente) di un simil bollettino di guerra: Antonelli out, Calabria fuori, De Sciglio in stampelle, Romagnoli lesionato, Paletta squalificato. Agli ordini del campano, restano quei volti che ci sono sempre stati, dall’inizio, ma che praticamente mai hanno avuto l’opportunità di mettersi in luce. Oltre ad Abate, capitano e stacanovista di questa squadra di giovani diavoli, i rossoneri schiereranno Zapata, Gustavo Gómez e Vangioni. La difesa che non c’era.
Il no di Martin Caceres ha spalancato le porte della corsia mancina a Leonel Vangioni, autentico desaparecido fino a qualche giorno fa. Test fisici, visite mediche, prove atletiche e poi il gran rifiuto: troppa la differenza economica, Caceres e Milan non si sposano, nemmeno per pochi mesi. La titolarità dunque è calata sull’esterno argentino, visto da stampa e tifosi scettici come l’ultimo ragazzo scelto quando si gioca a calcetto, tra gli amici. Ma l’argentino non si è mai abbattuto, fior di professionista l’ex River Plate, capace di vincere da titolare il massimo trofeo del Subcontinente. Non sarà Cafù e nemmeno Roberto Carlos, ma il classe ’87 ha dimostrato un cuore grande quanto la sua voglia di giocare, seguendo la squadra a Bologna nonostante i problemi di sua figlia, nata la notte precedente. Messa in incubatrice, la piccola Nina ha fatto vivere una notte insonne a suo padre, ma l’esordio del Dall’Ara era un’occasione che non poteva fallire: novanta minuti in trincea, sotto di due uomini e vinta all’ultimo respiro. Comprensibili le lacrime di fine partita, culmine di un periodo difficile a livello nervoso. Ha retto el Piri, come lo chiamano a Carnago, raccogliendo poi l’applauso di un intero spogliatoio, tributo che la squadra ha deciso di porgli al termine della gara. A dimostrazione della compattezza di un gruppo unico e coeso, come non se ne vedevano da anni a Milanello.
Chi contribuisce, ogni giorno, alla serenità e al quieto vivere di 28 atleti, sono profili come Zapata e Gustavo Gómez. Professionisti esemplari, dediti al lavoro e sempre ricettivi nei confronti del tecnico. Silenziosi ed in attesa dei propri spazi, ben conosci delle gerarchie e di condividere il ruolo con due intoccabili, Romagnoli e Paletta. Amici in campo e fuori Cristian e Gustavo, e chissà che questa affinità non possa regalare loro quel surplus necessario per uscire vivi dall’Olimpico, dall’attacco “fast & furious” della Lazio. Felipe Anderson, Immobile e Keita sono pronti a mettere sul manto erboso tutta la loro velocità pura, roba da scattisti, con il desiderio di fare a fettine una linea avversaria più che incerottata. Un crocevia per la prossima Europa (League) da affrontare con la retroguardia di ripiego. Non il massimo delle scelte, ma Montella sa che potrà contare su quattro atleti che daranno tutto. I limiti tecnici ed eventuali errori potranno anche esserci, ma lo spirito e la voglia sono e saranno ineccepibili. Lazio-Milan, punti per l’Europa con una difesa che non c’era.