Nella lunga intervista concessa ai colleghi de La Gazzetta dello Sport, Demetrio Albertini, ex regista rossonero, ha avuto modo di parlare di Milan e della cessione societaria in atto.
Queste le sue dichiarazioni in merito: “Berlusconi è stato il mio presidente per tanti anni, fa effetto non pensarlo più a capo del Milan. Nella negatività la lunghezza della trattativa ha aiutato a prepararsi al cambio. La poca comunicazione fa sì che cresca lo scetticismo: non ho mai sentito parlare Fassone o Mirabelli, che sono i più vicini ai cinesi ma anche al sentimento diffuso dei tifosi che aspettano di sapere. Sia chiaro, non è una critica per nessuno: gli obiettivi contano più di qualsiasi annuncio e di qualsiasi nazionalità. Non è un problema dello straniero, cinesi o francesi fa lo stesso, conta quello che si vuole fare e si che faccia prima possibile“.
E ancora: “Giovani o giocatori già affermati? Berlusconi aveva questo desiderio anche quando giocavo io. Voleva un Milan milanese o lombardo. L’idea mi piace più delle altre perché credo nel senso di appartenenza: in Spagna ho fatto lo straniero e ammetto che vivi la squadra in maniera più distaccata. Credo invece che gli stranieri debbano arrivare per fare la differenza. Berardi e Bernardeschi? Sì, perché sono dei top e il Milan ha bisogno del meglio. C’è bisogno di giocatori di primissimo livello, molti degli ultimi acquisti vedo che restano in panchina: bene, ora c’è bisogno di titolari. Chi arriva deve essere più forte di quelli che ci sono già, servono innesti di grande valore e non mezzi giocatori. Anche giovani, purché validi. Donnarumma per esempio è straordinario. Insisto, servono top player, ad esempio, se va via Bacca deve arrivarne uno ancora più forte”.