“Questo Milan mi ricorda quello dello scudetto del ’99“. Lo aveva detto Costacurta, ieri, a La Gazzetta dello Sport. E oggi lo conferma (abbastanza) proprio l’allenatore di quella squadra, Alberto Zaccheroni, intervistato sempre dalla Rosea.
Milan 2016/2017 come il Milan del ”98-99? “Qualche similitudine c’è ma la mia squadra era molto più vecchia, alcuni giocatori erano nel finale della carriera. Weah, ad esempio, cambiò molte squadre nei mesi seguenti, però la sua carriera finì poco dopo. Se il mio Milan era più forte? Aveva più qualità. E avversari più forti: la Juve di Lippi, la Fiorentina di Rui Costa e Batistuta, il Parma che vinse Coppa Italia e Coppa Uefa, soprattutto la Lazio di Cragnotti. Erano gli anni delle sette sorelle: oggi la peggiore di quelle sette squadre se la giocherebbe con la Juve“.
E ancora: “Nel mio Milan Bonaventura in un modo o nell’altro avrebbe trovato un posto, a me piace molto. Mi piace anche Romagnoli ma certo, sul centro-sinistra in difesa giocava Maldini…“.
Si può ricostruire la storia di quella squadra? “Noi vincemmo per la grande voglia di riscatto: il Milan veniva da un decimo e da un undicesimo posto. Me lo ricordo, c’era gente che considerava Albertini, Boban, Weah, Maldini giocatori finiti. Invece Maldini, Costacurta e Albertini, con grande rispetto dei ruoli, furono dei leader. Non si sono mai permessi di dire nulla davanti all’allenatore però, se qualcuno si comportava male, andavano a parlare. E le cose tornavano a posto. Bierhoff e Helveg furono un vantaggio? Me li trovai lì, li prese Capello a febbraio…“.
E ancora: “Il lavoro estivo fece la differenza. Quell’anno facemmo amichevoli a Solbiate Arno e a Monza, senza andare troppo in giro. Ci allenammo tantissimo a Milanello. Mi ricordo che Reja venne a vederci e non ci poteva credere: i giocatori avevano accettato di allenarsi sotto il sole, un’ora e mezza solo per la tattica. Nel ritorno non si fece male nessuno, grazie alla preparazione estiva. Poi Galliani mi restò sempre vicino“.
Su Montella: “Mi piace molto: ricordo le sue prime da allenatore, io ero in Giappone e le guardavo. Mi è piaciuto subito perché ha passione, gioca un calcio propositivo, mette i giocatori al posto giusto. Per un allenatore è la prima cosa: massimo uno-due calciatori fuori ruolo, i più forti sempre al loro posto. Montella cura i dettagli e si vede: ho detto subito che era da Milan. Mette in campo bene la squadra e Bonaventura, un giocatore offensivo da mezzala, è un segnale importante. Allenare senza rischiare è come andare al casinò con un centesimo: non si può vincere. Io quando ho vinto, dall’Interregionale alla A, ho sempre rischiato“.
Oggi le immagini-simbolo rossonere sono la parata di Donnarumma sul rigore di Belotti e il gol di Locatelli con la Juve. L’immagine di Zac, invece, del Milan del ’99: “Un sabato di aprile. Andammo a Udine per la partita e all’atterraggio, a Ronchi dei Legionari, scoprimmo che la Lazio aveva perso con la Juve. Ricordo le facce dei giocatori, gli occhi brillavano. Mi girai verso Galliani: ‘Da qui in avanti, le vinciamo tutte’, dissi. E così successe“.