Se il Milan stava cercando un leader che desse un’iniezione d’esperienza alla fase difensiva, sicuramente l’ha trovata in Gabriel Paletta. Dopo il rigenerante prestito all’Atalanta l’italo-argentino è tornato per prendersi una maglia da titolare e per guidare i ragazzi più giovani. Romagnoli, in coppia con lui, sta dando molto, giocando più sereno, dal canto suo Paletta indica, copre e spesso imposta.
Montella gli chiede di fare più gioco, e già a Palermo gli abbiamo visto fare qualche avanzata palla al piede e qualche lancio in profondità: è lui il designato a diventare primo play-maker qualora gli avversari concedano spazio come è stato in Sicilia. Non solo, questo di più chiestogli dal mister è dovuto ad una base solida di competenze acquisite: sembra proprio che i movimenti di reparto siano stati compresi e la solidità trovata è quella migliore. Impeccabile, poi, nella tattica individuale, che per un centrale di difesa è una delle abilità più utili.
Tuttavia, un rimprovero è da fargli. Un giocatore della sua esperienza, con la sua leadership e con le sue abilità calcistiche, non può cadere in facili euforie di interventi scomposti e sanzionabili: è successo col Torino in casa e solo grazie a Donnarumma i granata non hanno pareggiato, è successo col Genoa con l’intervento scomposto su Rigoni, ed è successo ancora a Palermo, dove è stato graziato per un intervento al limite della regolarità nell’area rossonera. Un Paletta dalle due facce: un leader capace di imporre e distribuir l’esperienza, e un difensore rude e sbilanciato che in dodici giornate di campionato ha già sul groppone 2 cartellini rossi.