Vincenzo Montella è cambiato. Arrivato a Milanello come l’allenatore del possesso e del bel giuoco tanto caro a Silvio Berlusconi, ha provato ma poi ha capito che il materiale non era adatto, adattandosi saggiamente alla squadra. Se un appassionato avesse staccato con il calcio a giugno 2015 per riapparire a settembre 2016, analizza La Gazzetta dello Sport, non riconoscerebbe nel Milan la mano dell’Aeroplanino.
La Fiorentina masticava pallone nella metà campo degli avversari e viveva di palleggiatori. Probabilmente la linea di centrocampo ideale del tecnico veniva proprio rappresentata da Borja Valero-Pizarro-Aquilani, nessuno dei quali vincerebbe a braccio di ferro con un medianaccio di terza categoria ma ognuno dei quali con i piedi sa fare grandi cose. Qualche difficoltà in fase difensiva, però evidenti benefici in attacco. La Fiorentina metteva insieme 506 passaggi a partita e aveva il baricentro a 53 metri, i rossoneri non possono permettersi lo stesso e così si limitano a scegliere i momenti in cui giocare la sfera: il baricentro è sceso a 49, i passaggi si riducono fino a 421. Un altro mondo. La Fiorentina sembrava un piccolo Barcellona, per esempio provando sempre e subito a recuperare (a 36 metri di media) in fase offensiva. Invece il Diavolo non si vergogna di aspettare, chiedendo a Niang e Suso un grosso lavoro in copertura. Così Montella ha eliminato tanti pericoli: non si vedono quasi mai i terzini alti né avversari che riescono a puntare in velocità Romagnoli e Paletta; i numeri sul fuorigioco confermano: al Franchi linea a 29.6 metri, a San Siro a 22.4. Regge, poi, il paragone sui gol, dunque nonostante gli schemi diversi i risultati arrivano lo stesso.
This post was last modified on 10 Novembre 2016 - 15:11