La crescita è deducibile non solo in base al coefficiente di fiducia sempre più alto dell’allenatore, ma anche dai dettagli. L’esultanza, per esempio. Tra l’interpretazione di quella col Sassuolo e quella con la Juve c’erano solo 20 giorni di differenza, eppure sono stati due Locatelli decisamente diversi: corsa tardelliana con mani sulla testa dopo il primo, scivolata sull’erba molto stile Champions e sguardo da duro dopo il secondo. Incredulo e poi consapevole, le lacrime e poi gli occhi feroci.
Sono bastate poche partite di campionato per dare a Manuel un’identità forte e soprattutto imprescindibile, diventato l’ombelico del mondo rossonero. Trasformato. Montella lo ha osservato costantemente in allenamento, prima di tentare una delle giocate più difficili della sua carriera: ha capito che poteva essere pronto, nonostante gli ostacoli iniziali. Ma si sa, a volte per fare i gol più belli serve un po’ di sana incoscienza. Fino ad oggi il classe ’98 ha giocato 8 gare di fila, che La Gazzetta dello Sport spacca a metà: le 4 apparizioni iniziali nella ripresa, con un massimo di 33′ in campo, e le 4 tutte da titolare. E se Samp, Lazio, Fiorentina e Sassuolo sono state il rodaggio, con Chievo, Juve, Genoa e Pescara il motore è andato a pieni giri. Un processo di esplosione veloce e misurabile seguendo un paio di numeri specifici: Chievo 51, Juve 49, Genoa 80 e Pescara 84 (il primo della squadra). Sono i tocchi di palla, quasi raddoppiati andando sempre più in là. E ancora: Chievo 46, Juve 35, Genoa 69 e Pescara 68. Sono i passaggi riusciti. E allora si può dire che Locatelli ha imparato a stare al centro del gioco, a partecipare alla manovra, ad accompagnare l’azione. Un regista vero.
This post was last modified on 5 Novembre 2016 - 18:57