Il problema Bacca è diventato lampante dopo 2 mesi, paradossalmente nel momento più appagante per la classifica. E il problema non è il non segnare da cinque gare di fila, mai successo in rossonero e comunque un aspetto negativo, ma il gioco. Pescara, 22 palloni toccati, Genoa, 18, e Palermo, 15 (nessuno in area): a novembre il bomber è sparito. Ma non è il caso di metterlo davanti al plotone di esecuzione per colpa dell’astinenza da gol, suggerisce La Gazzetta dello Sport, perché globalmente è in media: 6 reti, come l’anno scorso a questo punto (7 a Siviglia nel 2014-15), distribuiti in 4 giornate (un anno fa in 5). E sappiamo, allora, come finì la stagione: 18 sigilli, terzo capocannoniere della Serie A.
Quindi l’attenzione non va posta sulla mancanza della via della porta, che a un attaccante può sempre succedere, ma sul grado di integrazione nei meccanismi della squadra. Fin dall’estate si è discusso della sua complicata gestione negli schemi di Montella, non a caso l’allenatore si è impegnato in una sorta di lavaggio del cervello: cerca i compagni, proponiti, dialoga più e meglio. Mica facile per uno che in carriera è stato – e rimane – il terminale di tutte le azioni. E in effetti non deve cambiare questo grande pregio, quanto capire che il pallone può finirgli fra i piedi con modalità diverse. All’inizio le lezioni sembrava funzionare, anche troppo: al Trofeo TIM e col Torino all’esordio era riuscito a giocare di sponda, incrociare, passarla spesso e ovviamente segnare. Ma poi segnare. Poi, piano piano, è tornato a prevalere l’istinto. Ecco gli intoppi, i soliti, ecco il nervosismo e la panchina-punizione con la Samp proprio perché Carlos si lamentava dello scarso coinvolgimento. Devi muoverti di più, la replica. Insomma, il feeling Bacca-Montella c’è, ma in campo vanno filosofie differenti.
This post was last modified on 11 Novembre 2016 - 19:41