Maldini, ieri, ha deciso di non riaprire la sua storia rossonera, di fatto perdendo per sempre – a torto o ragione – l’occasione di tornare al Milan da dirigente. Né in passato, dopo i colloqui con Galliani terminata la carriera e quelli più recenti con Barbara, né mai: l’ex capitano ha detto “no”, motivandolo (abbastanza) chiaramente su Facebook, scatenando poi il botta e risposta di Sino Europe. “Non ci sono le premesse per un team vincente“, la frase più forte dell’ex capitano. “Ti accorgerai della bontà del nostro progetto di successo“, la replica. Un epilogo prevedibile, dispiace ma è così, date le premesse e i dubbi già ampiamente palesati da Paolo, il quale è stato accusato di egoismo, sostanzialmente di poca attenzione al Milan solo da una minoranza di tifosi. Il popolo, insomma, sta con Paolo.
Addio. Maldini si immaginava responsabile dell’area sportiva, vertice decisionale, invece Fassone proponeva una gestione a 3. O meglio, a 2 e con un supervisore (il prossimo ad e dg, appunto). Questo, evidenzia La Gazzetta dello Sport, è stato il punto più influente nella rottura, ben più dell’eventuale ingaggio. Nel lunghissimo post, ha coerentemente preso le distanze ancora da un possibile e rischioso duopolio, per lui sinonimo di scarsa definizione dei ruoli: in questo caso con Mirabelli, oggi Galliani-Barbara. Così il rischio era quello di essere responsabile agli occhi della gente e della critica, senza però avere un reale potere esecutivo. Nei giorni scorsi si aspettava una chiamata da Fassone (pronto a volare in Cina), zero. Anche perché i cinesi si sarebbero subito indispettiti per le diverse dichiarazioni rese pubbliche, “offendendo” Han Li e peggiorando velocemente la faccenda. Maldini pretendeva molto di più della proposta fattagli e non è scontato che adesso venga contattata un’altra bandiera: se sì, nel caso, avrebbe compiti meno importanti.
This post was last modified on 12 Ottobre 2016 - 16:11