Sarebbero in un conto all’Unicredit i 100 milioni di euro ricevuti da Fininvest come pagamento iniziale per l’acquisto del Milan dalla cordata cinese capitanata da Yonghong Li e Haixia Capital. Gli altri 400 milioni sono attesi da Fininvest entro novembre con la lista completa degli investitori, che al momento sarebbe ancora ignota pure alla holding di via Paleocapa. Quei 100 milioni, inoltre, sarebbero ormai vincolati a Fininvest anche in caso di fallimento dell’operazione. Ma come sta procedendo il closing?
Secondo quanto indicato ieri dall’agenzia internazionale Bloomberg, ci sarebbero difficoltà a individuare gli investitori necessari a raccogliere gli ulteriori 400 milioni. Tanto che nella documentazione si farebbe riferimento, per invogliare gli stessi investitori a una valutazione futura pirotecnica del Milan (probabilmente in Borsa) di 2,9 miliardi e di un fatturato pronto a raddoppiare a 500 milioni. Ebbene, in realtà la lista degli investitori sarebbe stata già individuata (sono 9 complessivamente) e pure l’impegno finanziario. Quindi l’operazione dovrebbe, tranne sorprese, andare in porto entro la scadenza autunnale.
Semmai il nodo da sciogliere è un altro. Al momento infatti non è dimostrabile un coinvolgimento diretto del governo di Pechino in quanto la stessa Haixia Capital (che è società semistatale) dovrebbe partecipare tramite un veicolo però sottoscritto da privati. Quindi l’unico soggetto direttamente in campo è Yonghong Li, un uomo d’affari abbastanza ricco, attivo con operazioni speculative sulle Borse asiatiche, ma non tanto ricco da poter spendere centinaia di milioni per il Milan. Quindi in definitiva i soldi dovrebbero arrivare da una lista di investitori semi-sconosciuti, senza nomi altisonanti: investitori che poi dovrebbero puntare a quotare il Milan in Borsa per guadagnare sull’investimento effettuato.
Quindi in parole povere un’operazione finanziaria (che potrebbe anche portare benefici al Milan, per carità) ma dove il grosso nodo resta sempre la provenienza di quei capitali. Il grosso problema, nell’economia globalizzata attuale, non è infatti trovare capitali, ma giustificare la provenienza di quei capitali. Non resta dunque che aspettare i restanti 7 nomi sui 9 totali (2 sono noti cioè Yonghong Li e Haixia) per capire se le perplessità finanziarie sull’operazione siano o meno concrete.
Lo scrive Carlo Festa, de il Sole 24 Ore, per la sua rubrica “The Insider”.