Arrigo Sacchi, primo allenatore dell’epopea Berlusconi, ha affidato a La Gazzetta dello Sport i proprio auguri per il Presidente rossonero nel giorno del suo 80esimo compleanno: “Il primo incontro? Dopo un’amichevole: un minuto, non di più. Mi ha detto: ‘La seguo’. La prima volta che mi ha chiamato ad Arcore, pensavo volesse parlare di Mussi, Bianchi, Bortolazzi o qualche nostro giovane. Quando invece ho capito, ho detto ‘O siete geni, o siete matti. Datemi il contratto e firmo in bianco, tanto faccio un anno e poi smetto’. Mi hanno dato meno dello stipendio di Parma e scherzando lo ricordo sempre a Galliani”.
“Berlusconi mi ha cambiato la vita. È sempre stato un signore, oltre che un fenomeno: era avanti 10 anni. Ha lasciato un segno indelebile, fece iniziare il Rinascimento del calcio italiano a modo suo: al Milan allora c’era uno stile, fatto di intelligenza e volontà, c’era un sogno. Poi il presidente non mollava mai, non dormiva mai. Se ho mai litigato con lui? Non è mai successo. O meglio, mi ha sempre ascoltato e mai criticato, anche il giorno in cui ho lasciato in panchina Van Basten. La trattativa più difficile, per Carlo Ancelotti. Il medico del Milan diceva che aveva un’invalidità al ginocchio del 20% ma chiesi a Berlusconi di prenderlo comunque, perché con lui avremmo vinto lo scudetto. Alla fine, mi ascoltò”.
“La formazione? Ci sentivamo tutti i giorni ma non mi ha mai chiesto di far giocare un giocatore. Con me è stato molto democratico e non mi ha mai tolto autonomia. Quando ero in difficoltà, il primo anno, fece un discorso alla squadra per difendermi: ‘Questo è l’allenatore che ho scelto. Chi lo seguirà, resterà qui. Chi non lo seguirà, andrà via’. Trenta secondi, i più efficaci che abbia mai sentito”, conclude Sacchi.