Giovanni Galli, ai microfoni di Tuttosport, ha parlato dei suoi trascorsi alla corte di Silvio Berlusconi: “Ricordo il grande entusiasmo del presidente. Berlusconi ci fece subito sentire parte del progetto. Invitò a pranzo ad Arcore i cinque acquisti del primo mercato: Galderisi, Dario Bonetti, Donadoni, Massaro e il sottoscritto. Chiese a tutti di portare mogli e fidanzate. Alla fine, solo io mi presentai accompagnato. Berlusconi scherzò con mia moglie: ‘D’ora in poi lo vedrà pochissimo, avrà poco tempo libero, perché dovrà pensare solo al calcio’. Era vero. Potevamo pensare solo a giocare. Quando avevi bisogno del dentista, del commercialista, di comprare un frigorifero, ci pensava la società. Però, non dovevamo sbagliare. In altri club, dove ho giocato, quando fallivi una prestazione, ti davano una pacca sulle spalle e ricominciava tutto la settimana successiva. Al Milan, non potevi sbagliare. Fin dall’inizio Berlusconi, chiarì che saremmo diventati il club più forte del mondo. Era vent’anni avanti a tutti. Inventò la presentazione show, le tournée all’estero e la rosa allargata a venticinque giocatori. Adesso lo fanno tutti“.
E ancora: “L’attuale situazione rossonera? Serve una rete di osservatori. Questa era una delle critiche di Barbara Berlusconi. Il padre non poteva fare modifiche radicali. In questi anni, Berlusconi è stato la mente e Galliani il braccio. Il Presidente non poteva tagliarsi un braccio. Ma il Milan sta imboccando la strada giusta con tanti giovani italiani in campo. Servirebbero campioni in grado di insegnare mentalità vincente, rispetto ed educazione. Faccio un esempio del mio Milan. Un giorno, un ragazzo si era fatto la barba nello spogliatoio al termine dell’allenamento, ma non aveva pulito il lavandino. Un senatore lo prese per il collo ordinandogli di lavare tutto. Fateci caso: il Milan non ha più vinto da quando hanno smesso Gattuso, Inzaghi, Nesta e Ambrosini. Serve una bandiera perché in una squadra non basta picchiare un pugno sul tavolo. Servono persone che hanno conosciuto la storia del club e possono trovare le parole giuste per parlare alla squadra. Sacchi? Fece subito una mossa intelligente: volle parlare a tu per tu con tutti. Mi convocò a casa sua. Restammo tre ore a conversare. Credo che in quel momento decise di tenermi. Altri giocatori arrivati con me, come Galderisi e Dario Bonetti, vennero ceduti in prestito. Berlusconi e Sacchi sapevano che il calcio è la capacità di non trascurare il minimo dettaglio“.