E’ una regola matematica: inverti l’ordine dei fattori e il prodotto non cambia. Vale per il Milan che non muta la propria pelle sotto la direzione di Vincenzo Montella, tecnico costretto ad assemblare i pezzi già ampiamente collaudati dai predecessori. E i risultati non sono proprio incoraggianti. Prevedibile? Certo, dopo un’estate trascorsa a fare la conta dei pochi soldi da spendere sul mercato e un rincorrersi di voci su nuovi proprietari e futuri manager. Il cocktail è presto servito: squadra molle, tre soli punti in classifica dopo tre partite (di cui due in casa).
Filippo Inzaghi due anni fa partì molto meglio, col doppio del bottino: 6 punti nelle prime tre di campionato, considerando che la terza fu contro la Juventus di Carlos Tevez. Sinisa Mihajlovic, lo scorso anno, si trovò allo stesso punto di oggi di Montella: tre punti in altrettante gare, con derby giocato e perso contro l’Inter. Eppure la sensazione, in entrambe le due stagioni precedenti, era che a questo punto dell’annata ci fosse qualche barlume di speranza. Con Inzaghi, ad esempio, c’era un Menez in grande spolvero e una forza di volontà dettata dalla grinta (presto poi svanita) dell’allenatore. Con Mihajlovic, invece, sembrava che ci fosse da amalgamare un potenziale non indifferente, tra Bacca, Romagnoli, Luiz Adriano e i nuovi acquisti. Oggi il Milan sembra non avere la forza mentale di condurre una partita dal primo all’ultimo minuto, giocando, soffrendo e correndo.
Si sapeva che sarebbe potuta andare così. Si temeva, ma la speranza dei tifosi resta quella di vedere in campo una squadra capace di chiudersi dentro la determinazione di giocare a calcio e nient’altro. Invece, l’incertezza che regna sovrana tra Casa Milan e Milanello si sta riflettendo inevitabilmente sul lavoro di Montella e dei suoi uomini. Il closing della trattativa con la cordata cinese è ancora lontana. Proprio per questo motivo non può e non dovrà diventare l’alibi degli insuccessi.
This post was last modified on 12 Settembre 2016 - 12:39