Sorrideva molto ma parlava poco. Soprattutto fuori dal campo. Sempre lontano dalle polemiche e dai riflettori, il suo “perché” era racchiuso nel rettangolo verde. E lì, non aveva pietà per nessuno. Andriy Shevchenko è stato uno dei giocatori più amati dai tifosi del Milan, uno dei più rimpianti, uno di quelli mai dimenticati. Sette anni (più uno), 322 presenze, 175 gol.
Era un ragazzino quando sbarcò a Milano nel 1999: biondino, viso d’angelo, un po’ impacciato. In quanti avrebbero scommesso su di lui? Chissà. Eppure, i gol arrivarono a raffica, da subito. Sin dal suo esordio, contro il Lecce, in cui siglò la prima rete con la maglia rossonera. E quell’anno, di gol, ne arrivarono altri 22, che gli consegnarono il titolo di capocannoniere.
Il suo destino, però, si sarebbe compiuto qualche anno dopo. Manchester, 28 maggio 2003. Uno sguardo all’arbitro, uno a Buffon, un altro all’arbitro, un altro a Buffon. Fischio, tiro, gol: il Milan è Campione d’Europa, Sheva nella storia. La sua corsa incredula, l’abbraccio con Dida, le teste bianconere abbassate, la gioia incontenibile. Impossibile dimenticare certi attimi quando ti cambiano la vita.
Ma Sheva non è solo Manchester. Sheva è Monaco, con il gol al Porto nella Supercoppa Europea, Sheva è il gol scudetto alla Roma nel 2004, è il pallone d’Oro a Parigi, è i quattro gol al Fenerbahce in Champions League. Ma Sheva è anche il gol mancato a Istanbul e il rigore parato da Dudek poco dopo. Sheva è il gol al Bari, quello incredibile alla Juventus, quello al Marassi, nel giorno della nascita di suo figlio Jordan.
Sheva è talmente tanto, che è difficile raccontare tutto. Sheva è anche il 26 maggio 2006, la voce strozzata con cui diceva addio al Milan, le lacrime in Curva Sud con la sua gente, le parole d’amore per i colori rossoneri inviate da ogni parte del mondo.
E Sheva, oggi, compie 40 anni. E mentre lui farà un bilancio della sua vita ora che è entrato negli ‘anta’, noi con nostalgia penseremo alla sua classe, alla sua tecnica, alla sua completezza, al suo fiuto del gol, alla sua potenza, alla sua grinta, alla sua voglia di combattere, agli allenamenti extra, ma soprattutto alla sua onestà, alla sua naturalezza, ai suoi valori, al suo amore per il Milan, alle gioie vissute insieme, perché ‘insieme’ con lui sembrava una realtà e non una parola messa così a caso. La sua umiltà, la sua semplicità, lo hanno avvicinato alla gente come solo pochi hanno saputo fare.
Buon Compleanno, Sheva, e auguri per la tua carriera da allenatore. Sai, certi amori non finiscono…