Non è solo il calcio il robusto filo rosso che lega Silvio Berlusconi e Xi Jinping. C’è molto di più nelle relazioni tra l’ex Cavaliere e il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, nonchè Segretario del Partito Comunista. Certo, non può essere la fede politica a unire due uomini tanto potenti quanto culturalmente differenti tra loro. Ma già solo la figura del Capo di Stato cinese, plenipotenziario su ogni maggioranza, è quanto di più affascinante possa esserci per uno come Berlusconi, strenuo sostenitore dei presidenzialismi perfetti in grado da disintegrare le “storture” dei costituenti italiani.
Oggi Jinping è uno degli uomini più potenti del pianeta. Ha avviato un profondo processo di cambiamento rispetto alla vecchia leadership di Hu Jintao (col quale Berlusconi andava un po’ meno d’accordo ai tempi di Palazzo Chigi). Come? Sfruttando le sue doti di “ministro degli Esteri” prima ancora che Presidente. Per anni, infatti, Jinping ha tessuto una fitta tela di relazioni internazionali, trasformando il suo ruolo di Vice-Presidente in un vero e proprio totem della politica e dell’economia cinese nel mondo, appuntandosi sulla giacca le medaglie che gli sono valse la scalata al gradino più alto del potere.
Fu proprio in queste vesti che nel giugno 2011 ci fu il primo vero “abboccamento” con Berlusconi. Erano i mesi del declino della premiership dell’ex Cavaliere, circondato da alleati con la valigia in mano e col fantasma di Mario Monti, già pronto a scattare dalla panchina per fare il suo ingresso a Palazzo Chigi. Allora Berlusconi sfruttò la ricorrenza della Festa della Repubblica, nell’anno delle celebrazioni per i 150 anni dall’Unità d’Italia, per radunare a Roma un po’ di leader mondiali in una serie di incontri bilaterali. Toccò anche a Jinping, col quale vennero firmati diversi accordi di collaborazione per favorire l’interscambio tra Italia e Cina. Ma l’esigenza vera di Berlusconi era quella di rinsaldare la sua immagine migliore, quella sorridente al fianco dei potenti della Terra, segno di garanzia e di stabilità nelle relazioni che contano.
Jinping andò un po’ in soccorso di quel Berlusconi decadente. E si cominciarono ad “annusare”, vista proprio la grande passione del Presidente cinese per il calcio. Basti pensare che nel 2013 costrinse alle dimissioni l’allora commissario tecnico, Josè Antonio Camacho dopo una sonora sconfitta per 5-1 col Watford. Si narra addirittura che ai tempi del liceo il giovane Xi giocasse a calcio con una costanza quotidiana.
Ma perchè tutta questa passione? Sono tempi in cui la Cina vive nell’ossessione di formare giovani in forma con l’obiettivo di favorire una sana espansione demografica e migliorare le aspettative di vita in un Paese ammorbato dall’inquinamento atmosferico. Il piano di Jinping per il calcio ammonta a qualcosa come 12,5 miliardi di euro di investimenti, che passano dai programmi didattici nelle scuole a consulenze d’oro per far crescere il movimento sportivo. Non solo. Esiste uno studio governativo che mira ad aprire ventimila scuole calcio entro il prossimo anno.
This post was last modified on 10 Agosto 2016 - 10:48