C’era un tempo in cui la società Milan programmava il futuro con ampio anticipo e con direttive serie e congrue agli obiettivi prefissati. La scelta dell’allenatore era in linea con tali previsioni, e i giocatori, poi, chiedevano di vestire il rossonero perché l’importanza della squadra e la possibilità di vincere trofei ingolosivano e non poco i più grandi campioni del continente.
Ora l’antifona è cambiata. I cicli e i progetti, tanto declamati da alcuni dirigenti e alcuni giornalisti, al Milan non se ne vedono da un po’: in pratica, da quel ciclo ancelottiano dal quale ormai sono passati 7 anni e innumerevoli delusioni. Giocatori non all’altezza dei nomi Kakà, Shevchenko, Maldini, Nesta (col solo Ibrahimovic a fare eccezione, ma parlare di progetto con quel Milan…); allenatori buttati nella mischia e del quale non si può nemmeno dare una valutazione tecnica: Inzaghi, Seedorf, Mihajlovic e infine Brocchi. Tutti bollati come mediocri. Ma dopo che Ibra e Thiago Silva chi avrebbe dovuto trascinare la squadra? Il Milan italiano e giovane? Che fine hanno fatto Cristante, Petagna & co.? Con tutto il rispetto per loro come persone e giocatori, è evidente che la critica passa a chi aveva un ruolo gestionale della situazione.
Ora la situazione non sembra molto cambiata: Vincenzo Montella è subentrato sulla panchina rossonera ma il mercato ci dice che stiamo navigando ancora una volta a vista. La cessione del Milan, se esiste, conta relativamente a questo punto. Il fatto che la Juve vada con decisione sul mercato e acquisti tutti i top player che possono venire in Italia non è certo un caso; noi del resto preferiamo i proclami: arriva Pjaca! Pjaca vicino alla Juventus. Arriva Zielinski! Anzi no. Arriva Musacchio! Forse più in là.