Essere tifoso rossonero in questo periodo, è cosa assai dura e affaticante. Come se colpevole di aver goduto come un matto per 25 lunghi anni, viene punito oggi come neanche il processo di Norimberga fece coi tedeschi appena sconfitti nell’ultimo conflitto mondiale.
Centrifugati dalle notizie sulla cessione della società e delusi dal vedere sfumare tutti gli obiettivi di mercato necessari all’ennesimo tentativo di rinascita, la speranza dei tifosi rossoneri è stata messa all’asta al miglior offerente e a raccogliere i frutti di questa totale incertezza, click dopo click, ecco arrivare nuovi santoni mai visti e soprattutto mai sentiti prima d’ora. Non ho la presunzione di credere che i lettori di SpazioMilan se ne siano accorti, ma la mia assenza e la scelta di tacere sull’argomento per lungo tempo è stata proprio causata da questo tritacarne mediatico che ha spossato davvero tutti noi tifosi milanisti.
Alcuni giornalisti nelle redazioni mi chiamano “collega”, dimenticandosi che la mia natura è quella di amante dei colori rossoneri dal lontano ’83 e di rappresentante di una porzione di tifo che si è fatta negli anni sempre più consistente, quella dei Non Evoluti. Ma chi l’ha detto che le informazioni più strategiche siano materiale esclusivo di chi ha ottenuto il tesserino da giornalista? Forse più fortunato di alcuni o forse no, ma di sicuro inserito frequentatore di salotti ambiti a Milano, ho da tempo iniziato a cercare di capire cosa stesse accadendo in quel di Casa Milan. Mentre in molti avevano preso residenza sotto l’ospedale San Raffaele in attesa che il camino emanasse una fumata bianca, nelle stesse ore mi ritrovavo imbucato in un paio di eventi mondani della Cina bene in quel di Milano. Con un orecchio alzato e l’occhio ben attento a non addentare qualche cavalletta in cremolada di pistacchi, è da quei posti che ho ricevuto le conferme delle confessioni a me fatte settimane prima.
I cinesi esistono e parlano di calcio come non hanno mai fatto prima. Ma questo è oramai il passato e chi ci legge e me lo chiede quotidianamente attraverso i social network, vuole solamente sapere cosa stia accadendo al nostro amato Milan e a quale futuro sia consegnato. Eventi mondani dicevamo, ma seppur piacevoli per eleganza e utilità alla causa, si deve pur lavorare. Ed eccomi quindi “casualmente” raggiungere con sempre maggior frequenza, Via Giosue’ Carducci (sede della Camera di Commercio Italo/Cinese, ndr) nelle ultime settimane. Il lavoro nel settore moda, obbliga spesso a interagire con i mercati esteri e i nuovi investitori che, come risaputo, hanno comprato due terzi dei marchi più prestigiosi italiani. Eccomi quindi nuovamente alla ricerca di spifferi, confessioni o semplici sensazioni sulla vicenda. Sì perché da tempo ho imparato a capire che i cinesi non ostentano; i cinesi non si vantano; i cinesi, tacciono e agiscono. Cosa alla quale noi milanisti non siamo più abituati. Passare dai roboanti quanto patetici slogan del “siamo a posto così” e “siamo il club più titolato al mondo”, all’ermetica gestione made in Cina, è una sfida troppo ardua anche per i più tenaci cuori rossoneri.
Veniamo adesso al punto. I cinesi esistono e dietro di loro c’è davvero il Governo intento a mettere le mani su asset strategici per la loro penetrazione nel nostro mercato. Come loro, esiste anche la trattativa che li vede rappresentati dai nomi che tutti conoscete, nella forma che tutti conoscete. Probabilmente le numerose date lanciate ad arte per alimentare il volano dei tweet, retweet e stratweet, sono servite a tutti tranne che alle coronarie dei tifosi rossoneri. Colpevoli solamente di avere fame di buone notizie, sono stati infatti strapazzati da notizie e dead-line contrastanti e puntualmente disattese. Ricordo i pochi “like” ai miei post dove rifiutavo di porre tempistiche ad una trattativa che i tecnici della finanza ed economia, mi avevano confessato lunghi e sicuramente non compatibili con il calendario calcistico. Ma d’altronde, più interessante credere alle ottimistiche previsioni. Comprensibile. Questa apparente incertezza è stata trascinata fino ad oggi e la popolazione rossonera vede minare anche l’ottimismo più radicato.
Cosa mi sento di dire loro? Abbiamo fatto trenta, facciamo anche trentuno. I continui rinvii sono figli di dinamiche burocratiche e contrattuali difficili da comprendere per chi, nella media, trova già fatica a compilare un modello 730. Eppure gli economisti da tastiera si sprecano e con loro anche gli innumerevoli commenti che non fanno altro che generare altra confusione. La verità, quella a me confessata poiché la reale non è in dote a nessuno, è che i cinesi non hanno alcuna fretta. Hanno le idee chiare e su questo stanno lavorando, tra cavilli e cambiamenti in corsa. Non hanno neppure timore che l’ennesima stagione fallata possa incidere sul valore dell’AC Milan. D’altronde si sono accorti che non importa neppure a chi ha confessato di cedere la società solo per amore e che ad oggi non metterebbe un euro per finanziare l’ultima campagna acquisti del suo lungo trentennio. Per questo motivo si è passati dall’iniziale e prograssivo 70% a percentuali da subito vicine al 100%; per questo motivo figure importanti come entrambi gli amministratori delegati, stanno già liberando ufficiosamente le loro scrivanie; per questo e altri motivi, dopo aver visionato per bene i bilanci, hanno iniziato a spalancare i loro serrati occhi a mandorla.
L’allarme che circola in questi giorni è legato alla consistenza dei gruppi che dicono essersi palesati, finalmente aggiungerebbero in molti. “Ma i cinesi poveri li abbiamo trovati solo noi?”, è il commento che mediamente si trova online. Rabbia, ironia e delusione, i sentimenti più comuni tra i tifosi rossoneri. A loro confesso un dato che proprio un consulente in camera di commercio Italo/Cinese mi ha fatto. In Cina ci sono 53,5 milioni di super ricchi. Un numero vicino all’intera popolazione italiana, con il piccolo particolare che il più povero di loro sarebbe comunque un piccolo Squinzi. E’ a loro che i magnati della cordata puntano. La quotazione in borsa, unico vero loro obiettivo, porterebbe contemporaneamente soldi a disposizione della società e importanti quanto meritati profitti nelle loro tasche. Sì perché il Milan per loro non è un affare di cuore e non hanno la sfacciataggine di gridarlo ai quattro venti. Puntano a guadagnare come tutti gli imprenditori e, consapevoli della situazione di Fininvest e delle sue sofferenze, attendono l’affondo alle loro condizioni. In fondo sono cinesi e aspettare sulla riva del fiume è una loro prerogativa. Che poi il suddetto fiume si chiami Naviglio di Milano, è solo un piccolo dettaglio.
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Alessandro Jacobone