Ci sono ancora dettagli importanti che devono emergere nella strenuante trattativa che sta portando avanti la cordata cinese per acquistare il Milan. Diciamolo chiaramente: se ci fossero soltanto un gestore di un fondo di private equity, benché con buone disponibilità finanziarie, come Sonny Wu e Gsr Capital più un imprenditore del settore rinnovabili come Steven Zhen, verrebbe a mancare quell’aspetto strategico del quale per tanto tempo, tutti (a cominciare da Silvio Berlusconi) hanno sottolineato l’importanza. Insomma, il Milan doveva essere lo strumento per dare impulso al movimento calcistico cinese da una parte e dall’altra doveva essere lo strumento utilizzabile da grandi gruppi asiatici per sbarcare in Europa con il loro business. Ma se i nomi si ridurranno ai due sopra citati, l’operazione dovrebbe essere ridimensionata. I due soggetti sembrano infatti più investitori finanziari, in quanto tali a caccia di rendimento, pronti a comprare il Milan, rilanciarlo e magari rivenderlo e quotarlo. E anche quanto detto da Berlusconi (“voglio lasciare il Milan in mani sicure”) verrebbe smentito dalla natura della transazione. Insomma, Fininvest si prenderebbe i soldi e punto. Per questo dico che deve mancare qualcosa che è ancora segreto. Magari grandi gruppi industriali cinesi statali, quindi appoggiati dal governo di Pechino, presenti nella cordata con quote anche di minoranza. Questa struttura dell’azionariato permetterebbe di dare un significato più strategico all’accordo e non solo finanziario. Un bene per i tifosi milanisti, che in caso contrario non potrebbero gioire per il cambio di proprietà.
This post was last modified on 24 Luglio 2016 - 21:06